Ancora una volta, Massimo Gramellini è capace di guardare un po’ più in là, a far uscire il gesto della situazione ristretta per dargli un nuovo significato. Leggete perchè ne vale la pena!
Colpi di testa (13/7/2006)
L’ INTERVISTA a Canal Plus di Zidane ha rivelato due verità. La prima è che chi accusa di marzullismo i giornalisti televisivi italiani non ha mai sentito quelli francesi: «Zizou, nelle ore di vigilia eravate molto concentrati sulla finale?».
No, dibattevamo amabilmente intorno alla «Critica della Ragion Pura» di Kant. La seconda è che Zidane non la conta giusta su Materazzi. Una battuta generica riguardo al sesso di mamme e sorelle può far perdere il lume della ragione a un contabile di Trecate o a un cowboy del Wisconsin. Non a un campione di lungo corso, abituato a considerare la provocazione verbale di un difensore per quella che è: una delle tante gherminelle che si consumano in campo per indispettire l’avversario.
A scatenare l’ira funesta dell’Achille marsigliese dev’essere stato un pettegolezzo ben più personale e circostanziato, che in quanto tale nessuno dei due protagonisti avrà mai il coraggio e il cattivo gusto di rendere pubblico. Però lo Zidane televisivo una cosa sacrosanta l’ha detta. Nella civiltà delle immagini si sanzionano maggiormente i gesti che le parole e si considera la reazione più esecrabile della provocazione.
L’esperienza di chi si destreggia ogni giorno fra le angherie vere o presunte di colleghi e parenti induce a guardare con benevolenza, se non allo Zidane della finalissima, certamente allo stato d’animo che egli ha incarnato fin troppo bene: quello di chi non accetta di subire sempre in silenzio le vessazioni altrui. E che, dopo essersi caricato di rancore inespresso oltre il limite del tollerabile, finisce per esplodere al momento e nel modo sbagliato.
L’autocontrollo è assurto a valore centrale delle nostre comunità. Ma a furia di esaltarne l’indispensabile ruolo di camomilla sociale, si è andato sottovalutando il peso dell’arroganza, della maleducazione e dei soprusi materiali e verbali che attentano alla disposizione da monaci zen con cui ci si chiede di solcare la vita.