riflessioni a un funerale

Scritto da il 12 febbraio 2008

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Capita, a volte, di partecipare a funerali di persone mai conosciute, ma di cui si conosce qualche congiunto. Sono situazioni strane, si partecipa al dolore di chi ha perso la persona cara ma non si è coinvolti direttamente. E’ facile così che il pensiero si possa spostare ad osservare i tanti elementi che ruotano intorno a chi non c’è più.

Ieri mi sono trovato a pensare alla figura del sacerdote. Perchè nel paesino in cui siamo stati c’è la regola, abitudine, necessità che il rosario venga recitato solo la sera prima del funerale. Così se ti sbagli a morire di venerdì, ad esempio, il sabato è troppo presto per seppellirti, la domenica non si fa e bisogna aspettare il lunedì. Ma solo domenica sera verrà recitato un rosario per te.

Probabilmente a qualcuno non gliene fregherà nulla. Ma quando ti tocca, allora ti risenti, ti arrabbi e ti chiedi cosa ci stiano a fare la chiesa e i preti. Domanda legittima.

Ieri guardavo questo prete, non brillante, poco incisivo ma attento. Piccoli gesti, piccole attenzioni nel benedire, nell’incensare, non di corsa, non con indifferenza ma con rispetto per il morto e per il dolore dei famigliari. In contrasto con l’immagine del sacerdote che si rifiuta di recitare un rosario in più.

Mi è nata questa riflessione: ma chi aiuta il sacerdote a elaborare la sofferenza per i lutti? Perchè, diciamoci la verità, non tutti i funerali lo coinvolgeranno allo stesso modo. Tanti saranno una routine. Ma ci sarà il funerale della vecchietta che veniva sempre alla prima messa, quello del coscritto con cui sei cresciuto, quello della giovane madre i cui bambini non vanno ancora a scuola, quello del nonno dell’animatore più ribelle ma più caro…e così via, una serie di sofferenze che il sacerdote deve vivere da solo, fornendo un supporto umano e divino. E anche la routine sarà sempre contornata dalla tristezza.

Ho pensato che, forse, il non recitare un rosario in più diventa una forma di difesa, una piccola barriera per sopravvivere. Perchè, una volta tornato in canonica, il sacerdote non ha nessuno con cui condividere, con cui sfogarsi e alleggerire il peso.

ps: detto ciò, purtroppo, si sa che la pigrizia colpisce anche il clero. E se non la pigrizia, la preferenza verso altre attività più allegre.

ps 2: soluzioni se ne possono comunque inventare. Ad esempio, in un paesino prima di quello di ieri, il rosario viene guidato da una ragazzina. Non è la cosa migliore, anzi ha molti aspetti negativi in particolare, secondo me, per la ragazzina. Ma è una soluzione che permette di far incontrare e aiutare a vivere ed elaborare il lutto.

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