emergenza scuola

Scritto da il 15 ottobre 2008

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Riprendo una bella lettera aperta di Lorenza (contaminazioni), ma prima ci aggiungo qualche parola mia: non sono mai stato molto a favore degli scioperi della scuola, in cui, molto spesso, venivano spediti in piazza gli studenti a manifestare per cose che non li toccavano direttamente.

Ma oggi è diverso. Oggi la situazione è grave, tremendamente grave. E prima che ci tolgano anche questo diritto, come sta ventilando un certo Sacconi, bisognerebbe scendere in piazza e scioperare.

Come dice mia mamma, chi protesta per la scuola non ha l’impatto dei camionisti. E difficilmente riuscirà ad ottenere qualcosa, visto anche che sindacati e opposizione non sembrano dare una mano (forse fa comodo anche a loro questa riforma?!).

Dobbiamo aiutare noi. Tutti. Tutti per la scuola. Tutti contro chi vuole distruggerla perchè fa troppo comodo creare una generazione di ignoranti. Tutti perchè senza la scuola non c’è futuro.

Vi lascio con la lettera di Lorenza, un po’ lunga ma vale la pena leggerla:

«Caro Ministro Gelmini,
ieri a San Patrignano la sua espressione era tesa. Una ruga solcava la sua fronte, lo sguardo era serio dietro alle lenti. Si è detta dispiaciuta per le manifestazioni: “Ho visto alcuni insulti – ha commentato – addirittura alcuni episodi di violenza che mi hanno molto rammaricato. Rispetto le opinioni diverse ma credo che oggi il Paese abbia bisogno di uno sforzo comune, di una grande responsabilità per migliorare la scuola”. Io credo al suo rammarico, sono sincera. L’hanno piazzata, Dio solo sa per quali meriti o competenze, a capo di uno dei Ministeri più spinosi, probabilmente senza avvertirla delle difficoltà del compito che l’attendeva. Come molti, presumo che lei avesse le sue ideuzze benpensanti sulla crisi della scuola italiana. Poi è arrivata l’estate, e sono arrivate le sue molte apparizioni televisive sugli argomenti più disparati. Nessuno la incalzava seriamente. Sui giornali si discettava amabilmente di grembiulini e divise. Del resto parlavano in pochi e a voce bassa. Deve aver pensato che la faccenda, tutto sommato, fosse semplice.

Dica la verità. Convinta che la scuola italiana fosse sostanzialmente quella descritta dai video su YouTube e che i docenti fossero una manica di incapaci ormai privi di qualunque forma di dignità, pagliacci in ginocchio davanti al bullismo di ragazzini esagitati, deve aver pensato che rimettere a posto le cose non fosse un compito poi così gravoso. lei ha visto troppa televisione, davvero. Ho avuto la netta impressione che non si attendesse la reazione autunnale. Può essere che non se l’aspettasse nemmeno l’opposizione, peraltro, come sempre tiepida e incerta. Gli organi di informazione, poi, continuano a far finta di niente. Lei ha l’aria di una che cada dalle nuvole. Una che non si aspettava di essere contestata, perché in fondo credeva di essere considerata simpatica, rassicurante e diligente

Vede, MInistro, la sua ingenuità mi sorprende. Chiede collaborazione. Chiede responsabilità. Chiede di non andare a protestare in piazza. Insinua che chi protesta sia a favore della conservazione e di interessi corporativi. Non è così. La verità è che i docenti sono stanchi del gioco al massacro che è stato perpretato alle loro spalle senza mai, sottolineo mai, coinvolgerli davvero nella discussione. Anche in questo caso: quale collaborazione ci può essere se il cosiddetto “decreto Gelmini” viene fatto passare di forza a colpi di fiducia? E’ sicura di aver misurato per intero l’abisso di insoddisfazione, frustrazione, incertezza in cui versa la scuola? Crede davvero che sventolando sulla faccia degli insegnanti l’ipotetica gratificazione di quattro soldi in più se solo si comportano bene, i professori, in particolar modo quelli più preparati e motivati, si lascino menare per il naso? Crede sul serio che il siparietto del 2 ottobre sull’innovazione tecnologica e sulle fantomatiche LIM ci convinca che stiamo andando in direzione di un fulgido destino pedagogico? Crede che non sappiamo in che cosa consista il nostro lavoro, che non conosciamo e non sappiamo interpretare le valutazioni internazionali, che possiamo davvero credere che insegnare in classi di trenta o più alunni significhi innalzare il livello dell’educazione?

Senta, MInistro. Io ho quarantasette anni e insegno da quando ne avevo ventidue. Sono entrata di ruolo quando avevo venticinque anni e per concorso (mi scusi la punzecchiatura: non sono andata a cercarmi la sede più facile per passare l’esame). I miei primi alunni hanno quasi la mia età. Figlia di una maestra elementare, ho respirato aria di scuola da quando sono nata. Durante gli anni, ho sempre studiato, letto, mi sono sforzata di aggiornarmi, per lo più a mie spese. Ma non voglio fare di me stessa un ritratto agiografico: non sono “santa Prof”. Sono una che ha sempre considerato il suo mestiere un privilegio e non per le lunghe vacanze estive o perché si lavora poco: è che insegnare mi piace, mi piace proprio, mi tiene sveglia, è una sfida continua alla mia capacità di cambiare, innovarmi, esplorare insieme ai miei ragazzi strade impensate, le strade della cultura e del pensiero. Di sbagli ne ho fatti tanti, è ovvio, e qualche volta ho saputo riparare, spesso non ne sono stata capace. Lei pensa che la prospettiva di qualche euro in più possa farmi effetto? O possa fare effetto a tutti coloro (e sono tanti) che comunque hanno sempre compiuto il loro dovere nei limiti delle loro attitudini e capacità? O sia capace di trasformare un incompetente fannullone (perché sì, esistono, e chi lo nega?) in un mago della didattica?

Lasci che sia io, MInistro, a darle un consiglio. Studi, si informi, si aggiorni. Lasci perdere i grembiulini e le trasmissioni televisive dove la gratificano con un mazzo di fiori e la canzoncina di Vasco Rossi, com’è successo domenica scorsa. Venga a parlare con gli insegnanti e gli studenti, quelli veri, non quelli addomesticati dal conformismo e dai luoghi comuni.. Affronti la piazza, anche se non le è amica. Ascolti le nostre ragioni. Si svincoli dalla pericolosa tutela di Tremonti e Brunetta. Dimostri la sua buona fede e il suo carattere, se li ha davvero. Accetti il confronto e sia disposta a difendere davvero la scuola nei fatti e non a parole (quelle nobili parole che ha speso nel discorso di inaugurazione dell’anno scolastico).

Perché noi di belle parole non ne possiamo più. E non le faremo sconti».

Un commento per “emergenza scuola”

  1. Andrea Cavaletto scrive:
    16 ottobre 2008 at 00:15

    Una lettera molto significativa della situazione in cui ci troviamo. Sul mio blog ho riportato l’elenco, diviso per circoli didattici, delle scuole dell’Alto Canavese a rischio chiusura perchè inferiori ai 50 alunni, soglia sotto la quale il decreto legge 154 dispone la chiusura della scuola. Bertot e compagnia fanno spallucce, rispondendo che al massimo butteranno anche gli alunni delle frazioni in un unico edificio, vedremo.

    E all’Università, te lo dico per esperienza personale, è ancora peggio. Le trasformano in fondazioni, o perlomeno, lasciano questa decisione agli atenei ma per aiutarli nella scelta tagliano 1,6 miliardi di euro in tre anni al fondo ordinario (ovvero, manutenzione, risorse didattiche..) e riducono il turnover al 20% lasciando senza prospettive migliaia di giovani che si meritavano di fare ricerca e insegnare.