utopia dell’educazione

scritto da il 24 novembre 2008

Nel fine settimana abbiamo partecipato ad alcuni incontri del Festival di Antropologia di Ivrea.

Intanto ci sono da fare i complimenti per le scelte organizzative. Migliorabili per alcuni aspetti logistici, ma sicuramente azzeccate a partire dalla scelta dei relatori e degli argomenti: vari, diversi come diversi sono i volti dell’antropologia e dell’uomo stesso.

Dagli incontri mi sono portato a casa due appunti.

Il primo parte da uno dei riti di possessione africani: secondo la tradizione ha più valore l’uomo posseduto da più spiriti. Non quello univoco, non l’uomo fisso nelle sue credenze e convinzioni. Ma quello apparentemente in balia di più agenti; in realtà capace di aver più identità e quindi più possibilità. Una differenza notevole con la nostra concezione occidentale che vede il vero uomo in colui che ha sempre un solo, aggiungo io sterile, pensiero. Una “storia” che già conoscevo ma di cui troppo spesso non mi ricordo. Una storia forse banale, elementaristica ma che in realtà offre un punto di vista formidabile!

Il secondo appunto arriva dalla conferenza di sabato sera di Marc Augé. Per il futuro, Augé vede una sola meta in grado di migliorare il nostro mondo: l’utopia dell’educazione. Educazione intesa come accesso alla conoscenza: una possibilità che oggi sta venendo a mancare. Per cambiare c’è bisogno, ammette Augé, di una spesa enorme (altro che i tagli nostrani). L’utopia spesso si identifica con qualcosa di irrealizzabile, in questo caso non dev’essere così: “l’utopia dell’educazione” deve servirci per reinventare il quotidiano, per fare esistenzialismo politico ovvero per guidarci come presenza viva e attiva nella società. E continuare a lottare contro i tagli all’unica risorsa che potrà davvero cambiare il nostro futuro: l’educazione come accesso alla conoscenza.

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