guerriglia romana

scritto da il 15 dicembre 2010

barricate a Roma dopo la fiducia a Berlusconi

Alla fine anche questa volta ce l’ha fatta: tre voti e avanti con la fiducia.

Ma mentre alla camera si votava, ci si fischiava, qualcuno faceva anche finta di menarsi, fuori la violenza era reale: «Guerriglia urbana in pieno centro a Roma. Dopo la fiducia alla Camera è esplosa la violenza di “black block” e militanti dei centri sociali che in mattinata si erano aggregati ai cortei studenteschi. Per la capitale è stata una giornata da incubo con barricate nelle vie del centro, auto date alle fiamme e cielo oscurato dal fumo nero».

Eppure, a vedere le immagini dall’interno del palazzo, nessuno sembrava preoccuparsene. Le notizie alla corte non sono arrivate? Gli insorti alle porte della Bastiglia e i nobili tranquilli a mangiare le brioche che Maria Antonietta voleva dare ai poveri?

Strano…

Scrive Mario Calabresi: «La politica chiusa nel Palazzo consuma la resa dei conti che aspetta da mesi: grida, si insulta, si conta e poi festeggia. Fuori la città brucia. Le porte del Palazzo vengono sprangate, a separare due mondi che sembrano vivere in galassie lontane anni luce.

Le colonne di fumo, le esplosioni, il clangore degli scontri, i sampietrini che volano, i caschi, le mazze, ci parlano naturalmente del passato, ci fanno pensare agli Anni Settanta, ma non è lì che dobbiamo andare per capire. Meglio guardare a Londra, ai ragazzi che assaltano le banche, che colpiscono l’auto di Carlo e Camilla, alla Grecia dei fuochi in piazza, a tutti i giovani fuori controllo che non hanno più nessun rapporto con i partiti e le loro mediazioni ma puntano allo sfascio, convinti di avere il diritto di sfogare in piazza la rabbia per una vita che si preannuncia precaria.

Le immagini di Roma fanno spavento e raccontano in modo esemplare la distanza tra una politica rinchiusa in se stessa, nei suoi riti più deteriori, e un Paese che sbanda, si incattivisce e non ha più né sogni né una direzione. I ragazzi che giocano alla guerra col casco, la benzina, il passamontagna e i bastoni non rappresentano certo gli italiani, ma la politica dovrebbe saper guardare oltre quei fuochi per vedere una maggioranza silenziosa e sfinita che non è più nemmeno capace di illudersi.

Invece la politica si blinda, si preoccupa di costruirsi una «zona rossa» per stare al sicuro, per lasciare fuori non solo i facinorosi ma tutti gli italiani, e poi dentro litiga, sbraita, eccita gli animi e non sembra in grado di produrre alcuna soluzione».

Scrivo io: e se gli scontri fossero stati organizzati e coordinati? Fino all’ultimo si è fatta la conta dei voti: il governo si è salvato per tre voti, ma per tre voti avrebbe potuto cadere. Allora meglio organizzare un po’ di caos fuori. Così, se per caso i tre voti andavano dall’altra parte, si era autorizzati a decretare lo stato d’assedio. Si faceva intervenire la polizia, sempre fedele a chi governa. Magari gli si affiancava l’esercito. E, per sicurezza, si estendevano i provvedimenti al resto d’Italia.

Naturalmente giustificati dalle necessità di ordine pubblico. E poi…

Condivido l’opinione di Mario Calabresi: è una persona seria che, purtroppo, sa di cosa parla. Io affianco solo un’ipotesi senza fondamento.

(immagini e citazioni da laStampa.it)