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Come se non fosse colpa sua, come se non fosse il suo governo ad aver stabilito quanto e dove tagliare, Berlusconi ha sbandierato il “ripristino” dei fondi per la cultura. Poi si è andato a nascondere…per la vergogna?

No! Per evitare di andare in parlamento a parlare della guerra in Libia.

Scrive Massimo Gramellini: «Mi inchino ammirato alla perfidia del governo, che finanzia i teatri lirici aumentando il prezzo della benzina. Gli intellettuali ostili non hanno sempre detto che la cultura è il nostro petrolio? E allora si tassi il petrolio degli altri per poter continuare ad attingere a quello metaforico, prodotto dalle viscere della storia patria. «Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare», ha suonato il flauto Gianni Letta. (…) I 236 milioni destinati a cultura e spettacolo (una miseria per un Paese che a cultura e spettacolo affida quel poco che resta della sua immagine nel mondo) era davvero indispensabile spillarli ai nostri carburatori?

L’accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative di maggio avrebbe permesso, da solo, di recuperare ampiamente il maltolto. Aggiungerei al conto le auto blu e le scorte di statisti del calibro di Scilipoti. Per carità di Patria eviterò di ricordare quanto ci costi il volo di ogni Tornado sopra la Libia in fiamme (32 mila euro all’ora, comunque) (…)».

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