Sarebbe riduttivo riportare solo le parole di Tettamanzi sulla giustizia, perchè ieri l’arcivescovo di Milano ha toccato altri due punti molto forti: «Perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come ‘guerra’ le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? (…) Perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei Paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?».

Una sintonia con il vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, che ricordava come oggi si continui a vivere la Passione nelle acque del Mediterraneo e nei paesi in guerra.

La risposta, Tettamanzi la trova in Gesù come re «umile e mite, e insieme come il re che dona tutto se stesso per amore e che, proprio così, annuncia la pace». «Siamo allora chiamati a interrogarci sull’unica vera potenza che può realmente arricchire e fare grande la nostra vita, intessuta da tanti piccoli gesti. La vera potenza sta nell’umiltà, nel dono di sè, nello spirito di servizio, nella disponibilità piena a venerare la dignità di ogni nostro fratello e sorella in ogni età e condizione di vita».

 

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Nell’omelia di ieri, Domenica delle Palme, l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha posto questa domanda: «Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?».

Ieri, a Milano, nel Duomo di Milano.

A Milano dove qualcuno, nelle stesse ore, sosteneva che la magistratura ce l’ha solo con lui, che povero non ha mai fatto niente di male.

Che combinazione!