Tre domande allo psichiatra e psicoterapeuta Gennaro Galdo, presidente della sede di Salerno dell’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale e Familiare (ISPPREF):

– Che vuol dire Dalla psicopatologia alla salute?
(titolo di un convegno svoltosi a Salerno il 20/11/2010)

L’attenzione che fino ad oggi è stata posta nei confronti della patologia e, nel nostro campo, alla psicopatologia, dovrebbe in una sua parte consistente essere direzionata verso la salute; un esempio per tutti: il concetto di resilienza, vale a dire la capacità di taluni individui e/o gruppi con storia o meno ( famiglie, gruppi di lavoro, eccetera) non solo di fronteggiare validamente i cosiddetti fattori di rischio (di natura sociale, psichica e biologica), ma di raggiungere risultati in termini di benessere anche superiori rispetto a coloro che ai suddetti fattori di rischio non sono esposti. Ebbene, a mio parere, è venuto il momento di studiare da vicino proprio costoro e non solo quelli che si ammalano. A quali risorse hanno accesso i gemelli monozigoti di pazienti schizofrenici, risorse che permettono loro di non ammalarsi? Come mai persone che hanno avuto genitori incompetenti e/o maltrattanti emergono con successo nella loro vita? Perchè alcune famiglie “estreme”, ad esempio disimpegnate e caotiche o rigide ed invischiate, non registrano al loro interno pazienti psichiatrici? Inoltre nelle nostra organizzazione sanitaria è troppo premiato colui che cura rispetto a colui che previene: non dico che bisognerebbe pagare i medici solo quando si sta bene come accadeva nella Cina del Celeste Impero, ma certamente qualcosa va cambiato nel contratto tra curati e curanti.

РQual ̬ attualmente il ruolo della psicoterapia familiare?

Come è noto la psicoterapia familiare nelle sue varie accezioni (strategica, psicoeducativa, costruttivista, narrativa, strutturale, eccetera, per cui parlerei di terapie familiari) è riconosciuta da vari studi internazionali, tra i quali il più noto è quello di un’agenzia di ricerca inglese indipendente e collegata al Servizio Sanitario Nazionale Inglese, come efficace nei più diversi campi del disagio psichico, in particolare quello infantile e quello delle psicosi, ma mi preme sottolineare due fatti: a) in presenza di una qualunque patologia psichica la famiglia è sempre coinvolta: a prescindere dalle cause e/o dalle responsabilità (che come tutti sanno non si mangiano), le soluzioni non possono essere trovate quasi mai o con molte più difficoltà e dispendiosità a prescindere o contro la famiglia della persona indicata come la portatrice del problema; b) su tutto il globo terracqueo gli esseri umani hanno scelto una struttura familiare per crescere i loro piccoli: questo avrà un senso oppure no? Se è la famiglia che nel suo insieme e attraverso i suoi singoli componenti ci accompagna nella crescita da quando non siamo in grado di nutrirci, di parlare e di tenerci puliti all’età dove tutto questo ed altro ancora non siamo in grado di farlo, dobbiamo allora riconoscere alla famiglia delle capacità non trascurabili; è queste che dobbiamo elicitare ed implementare, una volta che esse siano attivate a favore di un suo componente, allora esse costituiranno una risorsa per tutti e non solo per chi ne ha usufruito per primo.

– Che difficoltà incontra nel servizio pubblico l’utilizzazione della psicoterapia ed in particolare l’approccio sistemico-relazionale?

Le difficoltà per lo più provengono da “proibizioni culturali”; ancora oggi alcuni allievi di psicoterapia familiare, regolarmente supervisionati nei loro gruppi di formazione, vengono redarguiti dai loro tutor di tirocinio istituzionali nei servizi pubblici se “osano” vedere i pazienti con le loro famiglie; non ho mai nemmeno lontanamente proibito né ai miei allievi né ad allievi altrui, ai quali talvolta ho fatto da tutor nel servizio pubblico dove lavoro, di vedere individui anziché solo famiglie, anzi ho considerato questa circostanza un’opportunità di arricchirmi di un altro punto di vista e di interagire con questo: l’effetto Dodo (*) dovrebbe essere noto a tutti gli psicoterapeuti. Molti dicono che questi ultimi cominciano ad essere troppi ed invadenti, personalmente sono convinto che, se, come dovremmo, ci riferiamo alla salute come condizione di benessere fisico, psichico e sociale, allora gli psicoterapeuti dovrebbero occupare un campo, nei servizi sanitari nazionali, almeno pari al 33,33% delle risorse umane e materiali; in attesa che questo avvenga mi accontenterei di allocare delle risorse psicoterapeutiche in ogni reparto ospedaliero: credo si risparmierebbe molto e con gran vantaggio dei pazienti e delle equipe curanti.

(*) ndr: Tutte le psicoterapie funzionano altrettanto bene, Saul Rosenzweig lo sottolineò in un documento del 1936.

(l’intervista è tratta da Agenzia Radicale)

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Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di italiani stanchi del razzismo?

Primo Marzo 2010 si propone di organizzare una grande manifestazione non violenta per far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società.

Collegato e ispirato al francese La journée sans immigrés: 24h sans nou, il movimento Primo Marzo 2010 nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli.

Nel manifesto programmatico c’è scritto: «Siamo consapevoli dell’importanza dell’immigrazione (non solo dal punto di vista economico) e indignati per le campagne denigratorie e xenofobe che, in questi ultimi anni, hanno portato all’approvazione di leggi e ordinanze lontane dal dettato e dallo spirito della nostra Costituzione.
Condanniamo e rifiutiamo gli stereotipi e i linguaggi discriminatori, il razzismo di ogni tipo e, in particolare, quello istituzionale, l’utilizzo stumentale del richiamo alle radici culturali e della religione per giustificare politiche, locali e nazionali, di rifiuto ed esclusione.
Ricordiamo che il diritto a emigrare è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che la storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. La violazione di questo e di altri diritti fondamentali danneggia e offende la società nel suo complesso e non solo le singole persone colpite».

Su www.psicologiadellavoro.com trovate un mio approfondimento sul rapporto tra la psicologia e lo sciopero.

L’immagine della manifestazione è dell’artista Giuseppe Cassiba.

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non solo in Veneto

scritto da il 19 gennaio 2009

Secondo uno studio effettuato nel Veneto e riportato da ilGazzettino.it, i laureati meno pagati sono quelli in Medicina Veterinaria. Personalmente mi sembra un po’ strano. Ma a sistemare la situazione arriva il penultimo posto, infatti appena un gradino sopra chi ci troviamo? Le paghe dei laureati in Psicologia.

Ma non solo in Veneto! Ostregheta!

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Topolino poco ecologico

scritto da il 10 dicembre 2008

Ieri mi è capitato di leggere su Topolino (non mi sono segnato il numero) una storia dal chiaro intento educativo. Il fumetto era centrato su Pico de Paperis, notoriamente la figura altamente istruita, che parla e spiega le fonti energetiche attraverso delle vignette, divertenti com’è giusto che sia, con protagonisti i personaggi Disney.

Dal fumetto emergeva che esiste il petrolio e che è una fonte non rinnovabile. Poi ci sono sole e vento, fonti rinnovabili. Entrambe, rinnovabili e non, presentano dei difetti che vi spiego fra poco; il finale è che c’è da sperare nel futuro, affinchè emergano altre fonti, descritte come quasi “miracolose”.

Ma quali sono questi difetti? Per il petrolio la possibilità che esaurisca. E basta.

Nessun accenno ai danni ambientali prodotti dalla lavorazione e combustione. Tanto meno ai danni sociali, alle guerre e allo sfruttamento, da parte di pochi sceicchi & associati occidentali, delle popolazioni che vivono sui giacimenti. Nessun accenno, nulla. Solo una lunga e dettagliata (a livello bimbo) descrizione del come si utilizza il petrolio per produrre elettricità.

E per le fonti rinnovabili? Anche in questo caso sono stati sottolineati solo due difetti, naturalmente legati agli eventi atmosferisci. Ma è stato fatto mettendo alla berlina chi sceglie di seguire la strada rinnovabile: per l’energia eolica bisogna aspettare il tifone altrimenti non si hanno risultati. I pannelli solari invece non sono da confondere con le lampade abbronzanti. E basta.

Topolino non ha validità scientifica e, suppongo, non pretende nemmeno lontanamente di averla. Probabilmente nessuno la colloca tra le riviste “educative”. Eppure, per un bambino qualunque lettura, qualunque stimolo puo’ essere educativo. Sicuramente qualunque stimolo è formativo.

Se da piccolo, nel giornalino preferito, mi parlano male delle fonti rinnovabili, è facile che io cresca pensandole come un’inutile utopia. E cambiare idea, da grandi, è impresa ardua.

Topolino è piccolino…ma non è detto che sia leggero e innoquo.

Non capita sovente di sentirsi parte di una notizia da due fronti differenti:

«Torino, 30 set – Sono 7132 gli operatori nel settore della salute a Torino. In particolare, tra le diverse categorie, le piu’ numerose sono risultate quelle dei medici generici e specialisti (2703), dei dentisti (1741) e delle farmacie(768). I dati sono contenuti in un’indagine sul Sistema della Salute a Torino, presentata da Seat PG, in occasione della distribuzione delle nuove Pagine Gialle, che contengono le “Pagine della Saluteâ€??. Per dinamicita’, invece, spiccano le associazioni di volontariato e di solidarieta’ che hanno registrato una crescita, anno su anno, del 14,5% e gli studi di psicologia e di psicoanalisi che hanno messo a segno un +16%. (…) Un significativo spazio sul territorio, emerge ancora dall’indagine di Seat, e’ occupato dagli operatori specializzati nelle medicine alternative: 29 studi si occupano di agopuntura, 11 di chiropratica, 9 di naturopatia e 9 di omeopatia. Ed ancora sono presenti sul territorio torinese 274 studi di psicologia e psicoanalisi, 159 studi di fisiokinesiterapia, 11 centri di podologia, 7 colonie estive ed elioterapiche; 2 studi di nutrizionismo e 2 di pedagogia. “Pagine della Saluteâ€?? e’ una guida pratica alle grandi e piccole emergenze sanitarie, pubblicata all’interno delle PagineGialle, realizzata dal settore Salute del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, disponibile anche su internet» (www.psicologia-oggi.it).

Su Internet, il sito delle Pagine della Salute lo trovate all’indirizzo: paginedellasalute.paginegialle.it.

mamme drogate

scritto da il 8 luglio 2008

Penso sia capitato a tutti di avere a che fare con dei neo-genitori: esibizione dei prodotti organici dei pargoletti, visione di infinite riprese dei primi passi, infinite dissertazioni su pappe e omogeneizzati. I neo-genitori sono irriconoscibili, neanche lontanamente riconducibili alla coppia uomo-donna che si conosceva.

Paiono inattaccabili nei loro pensieri, nei loro discorsi fortemente ancorati solo sul pargoletto. E chi prova a distoglierli dal loro unico interesse, rischia. Rischia forte!

Allora ci si chiede: sono per caso impazziti oppure drogati?

Il dubbio è stato risolto con una conferma scientifica: «Il sorriso di un neonato colpisce al cuore la mamma, e non solo. Secondo uno studio americano, infatti, funziona quasi come una droga: una sorta di eccitante naturale, capace di accendere i centri della ricompensa posti nel cervello materno» (www.lastampa.it).

test dell’età mentale

scritto da il 9 giugno 2008

Hai una mente giovane e dinamica. Diciamo che non sei un ragazzino ma nemmeno un vero adulto!

…io l’ho preso come un complimento! 😉

Segnalato da Orientalia4all, il test sull’età mentale lo trovate su www.nienteansia.it.

Vale la pena, prima di iniziare, leggere le avvertenze:
1) Ricorda che questo è un test spiritoso e il suo risultato è del tutto inattendibile. Lo scopo del test è di divertire e il suo risultato non ha alcuna valenza oggettiva.

2) Il test è sconsigliato alle persone permalose/suscettibili, esso richiede infatti una certa dose di spirito e di autocritica per essere apprezzato.

3) Per cortesia nota che l’obiettivo del test non è quello di indovinare la tua età anagrafica, bensì quello di fornire un’età alla tua mente. Età che può discostarsi in maniera considerevole dalla tua anzianità biologica.

Buon divertimento!

30 anni di legge Basaglia

scritto da il 13 maggio 2008

Oggi Agostino Pirella purtroppo non insegna più.

Io sono stato tra i fortunati ad arrivare in tempo per ascoltarlo, l’ultimo anno che ha fatto lezione a Torino. Andavamo al sabato mattina alle 8, ma non era pesante.

Perchè si capiva che avevamo la fortuna di ascoltare chi aveva potuto conoscere lui.

Lui, Franco Basaglia.

Oggi, 13 maggio, ricorrono i 30 anni della promulgazione della Legge di riforma psichiatrica, la legge 180.

Oggi, purtroppo, a 30 anni di distanza la legge 180 non è ancora stata attuata completamente. Mentre tanti, troppi e, soprattutto, tornati al governo, vorrebbero cancellarla.

Due video, due servizi del Tg3 del Piemonte, offrono uno spaccato di cos’era e cos’è oggi l’attuazione della Legge 180.

Nel primo si parla di Collegno, fate attenzione alle parole sul cancello: la divisione era tra ricchi e poveri!

Nel secondo si parla del volantinaggio dell’Associazione Arcobaleno, sottolineando quanta ignoranza ancora c’è sulla malattia mentale.

«Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale (…); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell’internamento. L’assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l’essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l’aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell’asilo»

Franco Basaglia (1964).

voglia di guarire?

scritto da il 6 maggio 2008

In questi giorni a Cuorgnè, sotto il patrocinio del comune, si sta tenendo «un ciclo di incontri per comprendere i concetti di malattia, cura e guarigione sotto il profilo medico, filosofico e spirituale».

Un tema apparentemente interessante. E interessante l’approccio su più versanti, peccato che tra le discipline coinvolte manchi del tutto la psicologia, materia sicuramente più vicina al malato di altre coinvolte negli incontri.

Vorrei comunque segnalarvi l’incontro di domani, mercoledì 7 maggio. Si parlerà di come combattere la depressione con l’aiuto di fede e natura. Uno dei due relatori è Eligio Caprioglio (sacerdote). Non mi risulta che abbia lavorato nell’ambiente della sanità o che se ne sia occupato in qualche pubblicazione. Ma sicuramente non sarà stato chiamato dagli organizzatori degli incontri solo per amicizia. Forse…

Io non parteciperò per evitare inutili mal di pancia. Ma se qualcuno dei miei lettori ci andrà, provi a chiedere al sacerdote se la fede aiuta anche a guarire da mobbing, bossing, straining e stalking. Le domande saranno pur ammesse? O no?…

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Tramite il servizio Google Alert, mi è giunta la segnalazione di un articolo titolato: “PERCHÉ LO STATO FINANZIA LA PSICHIATRIA E LA PSICOLOGIA?”. Considerato che come dottore in psicologia non ho ricevuto alcuna offerta di lavoro e, soprattutto, che difficilmente si riesce a trovare lavoro nel settore pubblico, la notizia mi ha alquanto incuriosito. E sono andato a leggerla all’indirizzo: http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=30818&idSezione=1.

Suppongo che non abbiate molta voglia di leggere tutto il testo, non preoccupatevi cercherò di riassumerlo: l’autore sostiene che in Italia c’è una tendenza politica a fare diagnosi di massa, per individuare fin dall’infanzia i casi problematici da avviare a una vita condita con gli psicofarmaci. Ve ne riporto alcuni pezzi:

«Durante un convegno a Roma le maggiori istituzioni dell’Istituto Superiore di Sanità(…), hanno affermato che per evitare di trovarci con personalità antisociali bisogna fare diagnosi precoci in tutti i bambini, anche da zero a due anni, così da individuare i loro problemi genetici e “curarli” prontamente(…). Così saremo a breve testimoni di diagnosi di massa con “criteri altamente scientifici” che determineranno che il 10% (lo hanno già stabilito) dei bambini sono malati mentali. (…).

Purtroppo chiunque utilizzi metodi non coercitivi, psicofarmaci dannosi, etichette psichiatriche e l’intera serie di “trattamenti” psichiatrici, viene ostacolato e spesso direttamente attaccato, impedendo di fatto che metodi alternativi possano dare il loro contributo ed aiutare davvero le persone in difficoltà. (…) Non cesseremo mai d’informare il pubblico denunciando chi sostiene e chi invece lotta contro questo crimine. Perché quindi lo Stato Italiano continua a finanziare i programmi della psichiatria e psicologia nonostante le prove non solo della loro inefficacia ma del loro potere distruttivo e dannoso? (…)».

Non fatico a credere che la politica, o meglio i politici, possano aver progettato inutili campagne di diagnosi. Non ho dubbi sulla potenza delle industrie farmaceutiche che in queste campagne sarebbero le vincitrici. Ma francamente, tutta questa “inefficacia” vorrei sapere dove sta? Perchè i metodi e le In tutto l’articolo la parola “psicologia” è citata una sola volta, quella qui sopra. Non contesto l’attacco ai metodi psichiatrici, ma visto che si vuole “informare il pubblico” sarebbe il caso di farlo con chiarezza e onestà intellettuale. Perchè i metodi, ma soprattutto le premesse da cui si muovono psichiatria e psicologia sono ben diverse.

Magari in Italia ci fossero più finanziamenti per la psicologia!

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Secondo uno studio della rivista inglese Science, la soddisfazione per un aumento di stipendio non c’è se l’aumento del collega è più alto del nostro. Anche aumenti di stipendio irrisori vengono vissuti con gioia se il compagno di scrivania ne ha percepito uno inferiore o se, meglio ancora, non l’ha percepito affatto. L’economista Armin Falk, co-autore della ricerca, spiega che “si tratta della prima volta in cui un’ipotesi come questa viene suffragata da un approccio sperimentale” (Repubblica.it).

Ma c’era davvero bisogno di una ricerca per sapere che uno è più felice di lavorare se viene pagato di più?!

E poi, è veramente la prima volta che si fanno esperimenti su questo tema? Categorizzazioni, stereotipi & c. in psicologia sociale si sono studiati e sperimentati fin dagli anni ’50…

Commenti disabilitati su novità: più soddisfatti se più pagati!

E’ partita ieri la settimana piemontese del Benessere Psicologico. Dal 12 al 17 novembre, saranno 700 gli specialisti a disposizione per una consulenza gratuita nei diversi ambiti della psicologia, da quello clinico e riabilitativo a quello del lavoro e dell’organizzazione, nel rispetto delle norme deontologiche e della privacy.

L’obiettivo della Settimana del Benessere Psicologico è avvicinare la popolazione alle diverse competenze che appartengono alla psicologia e nello stesso tempo promuovere il benessere psicologico come valore fondante ed imprescindibile dell’esistenza.

Fino al 15 novembre, telefonando al numero verde gratuito 800.090.163 (qui ulteriori info) si potrà conoscere indirizzo e recapito telefonico di uno psicologo, da contattare poi direttamente per concordare giorno e orario della consulenza gratuita. Mentre sul sito dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte è presente l’elenco di chi aderisce all’iniziativa.

Però, oltre all’elenco non è presente molto di più. E, soprattutto, non mi sembra che se ne sia fatta una grande pubblicità dell’iniziativa.
Peccato, perchè sarebbe ora di sdoganare la figura dello psicologo, riconoscendone la necessità, per la cura della salute mentale, al pari del medico di famiglia per la salute fisica. C’è bisogno che la sanità riconosca la figura dello psicologo come necessaria. E che la gente vi si possa avvicinare senza timore di etichette.

E la settimana, anche se era meglio il mese, con un po’ più di pubblicità poteva essere un buon trampolino per una nuova cultura psicologica!

(da leggere anche qui)

per guarire meglio

scritto da il 3 luglio 2007

Penso che nessuno possa obiettare che una persona malata ha bisogno di stimoli per guarire Naturalmente non bastano stimoli quando la malattia non ti lascia scampo, in tal caso si entra nel campo dei miracoli e non ne sono così esperto da poterne dissertare.
Ma torniamo agli stimoli di partenza. Capita di andare a trovare una persona, già di un certa età, che è stata ricoverata in ospedale. E vedere che nella stanza lei è la più giovane e la più in forma!
Bloccata a letto per una frattura, non potrà uscire liberamente dalla stanza e cercare la compagnia di altri. Dovrà passare le ore, non concesse alle visite, sola in stanza con le altre ricoverate da cui, purtroppo e non per causa loro sia chiaro, non riceverà alcuno stimolo.
Forse è pura e folle utopia, ma non si potrebbe pensare di sistemare i pazienti nelle stanze anche per criteri di compagnia? Un po’ più giovani e un po’ più anziani per darsi stimoli e suggerimenti a vicenda.
Mah…forse la sanità ha cose più importanti della salute a cui pensare…

(pubblicata su LoSpillo il 02/07/07)

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e voi avete trovato?

scritto da il 13 giugno 2007

Lo stereotipo è noto da tempo: “il 50% di chi si iscrive alle facoltà di psicologia lo fa perchè sa di avere dei problemi e vuole risolverli. L’altro 50% non se ne rende conto ma li ha lo stesso”. Mi fermo alla parte ironica dello stereotipo.

Un giorno della scorsa settimana, passando in macchina per Ivrea, la mia attenzione è attratta da un cartello pubblicitario fatto circa così:

Subito non riesco a leggerlo bene, ma noto le parole laurea, psicologia… per farla breve, appena posso mi fermo e leggo il tutto. E’ la pubblicità di un corso di Laurea in Psicologia di un’università privata torinese!!!

A parte il fatto che l’immagine mi sembra più indicata per uno studio di investigazioni, ma poi sembra la conferma dello stereotipo: hai problemi? Non trovi soluzioni? Ecco quello che fa per te: una laurea in Psicologia!

NB: evito di citare esplicitamente la facoltà per due motivi. Primo: ho avuto modo, più volte, di apprezzare il pensiero del suo Preside e il mio post vuol essere critico solo verso la loro pubblicità, non verso ciò che insegnano… fino a prova contraria. Secondo: la congregazione a cui appartengono… beh, qui è proprio meglio lasciar perdere…

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Internet come droga

scritto da il 5 maggio 2007

Ha suscitato un po’ di scalpore nei giorni di scorsi, anche in siti quasi (per questa volta) molto obiettivi e ben preparati come Punto Informatico, la pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione delle linee guida per il piano triennale orientato al “benessere dello studente”.

Ciò che ha suscitato più scalpore è stato che tra le attività in realizzazione nell’ambito del progetto “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutariâ€?? c’era questa come 1° punto:

«Presentazione delle linee guida nazionali congiunte rivolte agli operatori della scuola e della salute per
– prevenire l’obesità e i disturbi dell’alimentazione (anoressia e bulimia)
– prevenire i fenomeni di dipendenza (droghe, alcool, tabacco, farmaci, doping, internet) in collaborazione con il Ministero della Solidarietà Sociale
– prevenire i disturbi psicologici;»

Il rosso l’ho usato solo io per evidenziare il punto dolente: l’inserimento di Internet tra le cause di fenomeni che possono suscitare dipendenza. Subito ha lasciato anche me molto perplesso ma poi ho avuto un flash, il ricordo di qualcosa già letto.

Ho fatto così una ricerca su Google con le parole “dipendenza internet” ottenendo circa 1.800.000 risultati. E già la cosa fa pensare…

Poi mi sono letto qualche articolo e mi ricordavo bene: esiste una vera e propria psicopatologia che va sotto il nome di Internet Addiction Disorder (I.A.D.), dovuta all’abuso di Internet  e che mostra gli stessi sintomi dei tossicodipendenti.

La IAD, viene introdotta nel 1995 dallo psichiatra americano Ivan Goldberg, il quale, con la parola addiction, si riferiva ad una dipendenza patologica, ossia ad una ricerca reiterata di una forma di piacere che crea disagio per dipendenza. In Italia si è iniziato a parlare di dipendenza da Internet nel 1997, quando è stata introdotta l’espressione IRP, Internet Related Psychopathology, che Tonino Cantelmi definisce come una serie di disturbi che appartengono ad una più ampia categoria di patologie, come la dipendenza dal gioco d’azzardo on-line, da cyber-relazioni e da una quantità eccessiva di informazioni. 
Svegliarsi di notte e sentire il bisogno di controllare la propria email, spegnere il computer e sentire un vuoto terribile perché il mondo reale non ha ormai più alcuna consistenza, immedesimarsi nel personaggio assegnato al proprio nickname sono tra i sintomi più frequenti.

I soggetti che fanno un uso eccessivo di Internet, per soddisfaresul piano virtuale quello che non riescono ad ottenere sul piano della realtà, presentano tratti tipici della tossicodipendenza, dell’alcolismo, del gioco d’azzardo patologico (GAP), dell’attività sessuale maniacale e dell’anoressia. Chi è affetto da tale forma di psicopatologia tende a percepire il mondo reale come un vero e proprio impedimento all’esercizio della propria onnipotenza, che sperimentano con immenso piacere nel mondo virtuale.

Forse mi sono dilungato troppo, ma per chi volesse approfondire vi lascio due paginette che mi sono sembrate molto interessanti: http://www.anagen.net/internet.htm e http://www.megalab.it/articoli.php?id=868, mentre alla pagina http://www.cestep.it/archivioTD_IAS_frame.htm trovate un semplice test anche autosomministrabile.

Anche l’alcool per il sommelier non puo’ essere fonte di dipendenza ma forse, prima di sparare a zero su Fioroni, bastava fare una ricerca su Internet stessa…prima che ce lo proibisca! 😉

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