addio Vecchio Cronista

scritto da il 19 dicembre 2009

Addio Vecchio Cronista, un giorno poi ci racconterai come sono stati i tuoi “ultimi cinque minuti”. E di certo sarà una storia bellissima.

Grazie per il giornalismo che ci hai regalato. Riposa in pace.

In ricordo di Igor Man, pseudonimo di Igor Manlio Manzella (Catania, 9 ottobre 1922 – Roma, 16 dicembre 2009), la foto è tratta dal sito www.lastampa.it

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cos’è più violento?

scritto da il 15 dicembre 2009

Ditemi voi cos’è più violento:

a) la storia dei lavoratori di Agile ex Eutelia: società passate di mano in mano, come in un gioco di scatole cinesi, non perchè in fallimento ma per riuscire a farle fallire. Fallire e tenersi il tfr di migliaia di lavoratori. Il tutto nell’indifferenza (che non equivale ad essenza di colpa) del governo.

b) una persona che tira un souvenir al capo del governo di cui sopra.

Prima che rispondiate, mi sia permesso: se il capo di quel governo fosse rimasto a occuparsi del bene dei suoi cittadini, difficilmente avrebbe ricevuto un souvenir sul naso.

Se però pensate che sia più violento il caso “a”, allora sappiate che verrete presto schedati. E sarà solo l’inizio: il carnefice appare come vittima, il lupo sembra l’agnello, il criminale appare come il salvatore e nessuno si prepara a bloccare il viaggio in treno da Milano a Roma.

Tutto già visto, eppure è proprio vero che la storia non fa che ripetersi…

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Immacolata dei Miracoli di Ivrea

scritto da il 8 dicembre 2009

Siamo a Torino nell’ottobre del 1859.

Il signor Alberto Pizio, rigattiere, aveva comprato, un quadro della Vergine Santissima della Concezione, affidato poi ad una sua conoscente.
Qualche tempo dopo, l’8 dicembre, recatosi a Porta Palazzo, al caffè Messina, egli s’incontrò con tre uomini
che l’attendevano per trattare la vendita di alcuni mobili.
L’affare pareva bene avviato e tutti si recarono a vedere il mobilio.
Il signor Pizio trasse dall’armadio il quadro della Madonna, ma questi signori, gli dissero: «Che vuole ancora
farne di questo?» Gli presero il quadro dalle mani e con una scure diedero un colpo sulla cornice che, nonostante
fosse fortificata da una lastra di ferro, andò a pezzi; dopo un secondo e un terzo colpo, la scure si spezzò in due,
ma l’immagine restò illesa.
Quando la scure si ruppe in due pezzi uno dei tre signori disse: «La Madonna ha fatto il miracolo!», ridendo presero
l’immagine e la gettarono sul fuoco, che poco prima erastato acceso. In un momento il quadro andò in fiamme e si
offrì agli occhi dei presenti un meraviglioso evento!

Il legno e la cornice del quadro ardevano, ma l’immagine della Vergine si faceva sempre più bella, allora Pizio vedendo un simile prodigio prese l’immagine e la posò, con tremore, sopra un tavolino.
Il rigattiere fu pregato di tenere il segreto sull’accaduto …
In quel medesimo giorno i coniugi Pizio, costretti dalla miseria, si erano recati dal Ministro dei Valdesi per iscriversi a quella religione.
Dopo più di un mese, il signor Alberto, rimproverato dalla consorte per non aver accettato i soccorsi dei Valdesi, giustificò il rifiuto, raccontandole il miracolo successo l’8 dicembre.
La moglie chiese di vedere l’immagine ed egli andò subito a prenderla.
Ella volendo essere testimone oculare del fatto prodigioso, mandò il figlio maggiore a comprare 10 centesimi di spirito, lo gettò sopra l’immagine e quindi sopra il fuoco, ma successe il medesimo prodigio dell’8 dicembre 1859.
Da quel momento i coniugi Pizio si convinsero di aver ricevuto un segno dal Cielo e decisero di chiedere consiglio a un sacerdote.

La domenica delle Palme andarono a Moncalieri e al primo sacerdote incontrato, raccontarono in breve il fatto.
Il sacerdote consigliò i due di «specchiarsi» nell’effigie della Vergine Santissima.
Il sacerdote poi suggerì di donare il quadro a qualche persona che potesse pregare per loro.
Il mercoledì santo i coniugi Pizio uscirono di casa tra le 20.00 e le 21.00 e decisero di regalare il quadro alla prima persona religiosa che avrebbero incontrato.
Quando giunsero all’angolo della via Conciatori [oggi Via Lagrange] e Via Borgo Nuovo [oggi Via Mazzini], due monache s’imbatterono nei coniugi e una di esse, Suor Vincenza Poé, urtò inavvertitamente la moglie del Pizio, la quale, da quel colpo provò tanta consolazione e commossa, rivolta al marito disse: «Ecco la religiosa a cui daremo il quadro della Santissima Concezione».

(tratto da www.laiciverniani.net)

Da quel giorno, 5 aprile 1860, il quadro viene conservato dalle Suore Verniane nel Tempio dell’Immacolata a Ivrea. E oggi si festeggia il 150° Anniversario con la partenza di una peregrinatio annuale.

su Boffo era tutto finto

scritto da il 4 dicembre 2009

Leggete cosa risponde Vittorio Feltri a una signora che gli chiede chiarimenti sul caso Boffo.

Per chi si fosse dimenticato: Boffo era il direttore di Avvenire e si dimise in seguito a uno “scoop” del giornale diretto da Feltri ed edito da Berlusconi.

Leggete la risposta, la riporto per intero, e fate bene attenzione a un passaggio: «persino l’Avvenire(…) cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi». La notizia su Boffo oggi passerà in secondo, se non terzo-quarto-ultimo piano, ma il sistema resta intatto: chi sbaglia muore. Nel migliore stile mafioso di cui oggi ha parlato un certo Spatuzza…

«Gentile signora,
quando abbiamo pubblicato la notizia, per altro non nuova (era già stata divulgata da Panorama sia pure con scarsa evidenza) eravamo consapevoli che non sarebbe passata inosservata. Ma non per il contenuto in sé, penalmente modesto, quanto per il risvolto politico. Infatti era un periodo di fuochi d’artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi. La Repubblica in particolare si era segnalata con servizi quotidiani su escort e pettegolezzi da camera da letto. Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma contro il premier anche in tivù, oltre che sulla stampa nazionale e internazionale.
Persino l’Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità; data però la provenienza, quei petardi produssero un effetto sonoro rilevante. Nonostante ciò, personalmente non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziale che recava la condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali.
All’epoca giudicammo interessante il caso per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto.
Poteva finire qui. Invece l’indomani è scoppiato un pandemonio perché i giornali e le televisioni si scatenarono sollevando un polverone ingiustificato. La «cosa», come lei dice, da piccola è così diventata grande. Ma, forse, sarebbe rimasta piccina se Boffo, nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di segretare il fascicolo, lo avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo. Infatti, da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato.
Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire. Inoltre Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione.
VF».

L’originale lo trovate qui: http://www.ilgiornale.it/interni/boffo_ho_avuto_modo_vedere/04-12-2009/articolo-id=403971-page=0-comments=1

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Rivarolo è così felice?

scritto da il 3 dicembre 2009

La notizia gira oramai da qualche giorno: una ricerca condotta, per il settimanale Panorama, dal Centro studi Sintesi di Venezia ha stilato la lista dei 100 borghi più felici d’Italia. In questa lista, la canavesana Rivarolo si situa al 35° posto, prima assoluta fra i centri della provincia di Torino.

E’ davvero così?

E come fai a dire che a Rivarolo la gente è davvero più felice che a Salassa?

I parametri, almeno quelli di partenza, basta leggerli su Panorama: «Per individuare i 100 borghi più felici, lo studio ha selezionato un campione di cittadine medie attraverso due fasi. La prima scrematura, effettuata partendo da tutti gli 8.101 comuni italiani (…) ha eliminato di volta in volta gli estremi: per esempio, i comuni con una densità media della popolazione troppo bassa e troppo alta, quelli nei quali gli immigrati residenti sono meno dell’1 per cento o sopra il 15 e così via. I comuni che hanno superato la prima prova sono stati 249.»

Hai capito? Si è felici solo nei comuni dove c’è la giusta quantità di immigrati: un po’ di badanti, un po’ di prostitute e un po’ di braccia a basso costo. Un po’ ma non troppo: ecco la giusta ricetta della felicità.

Direi che la storia si possa chiudere qui.

NB: il riferimento a Salassa è puramente per vicinanza geografica. L’articolo di Panorama lo trovate qui: http://blog.panorama.it/italia/2009/11/27/best-italy-la-felicita-abita-nei-piccoli-comuni-ecco-chi-vince/