le bollicine delle feste

scritto da il 23 dicembre 2010

Dall’inizio di dicembre e fino all’Epifania si calcola verranno stappate nelle nostre case e nei locali circa 112 milioni di bottiglie nazionali (con Asti DOCG e Prosecco DOC Conegliano Valdobbiadene in testa) e poco più di 5 milioni di importazione (provenienti da Francia e Spagna in particolare), con il 70% del consumo nazionale che si concentra proprio nei 25 giorni che vanno dai primi giorni di dicembre fino all’Epifania.

Ma quanti tappi salteranno proprio in occasione delle festività? Secondo un’indagine condotta dalla Cia, Confederazione italiana agricoltori, nel nostro Paese, tra Natale, Capodanno e l’Epifania, saranno circa 95 milioni, con un aumento del 2,5% rispetto al 2009, per una spesa complessiva di circa 900 milioni di euro (il 2% in più nei confronti delle scorse festività). Con una curiosità: oltre 90 milioni dei tappi in questione saranno di sughero, come confermato dai partner della Campagna di promozione del sughero in Italia, una campagna che tende a sottolineare come il tappo di sughero sia ideale per mantenere intatto il gusto e l’aroma del prodotto, e in più sia ignifugo, naturale, riciclabile al 100%, e di diritto faccia parte dei materiali ecosostenibili (laStampa.it).

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sciopero all’Auchan

scritto da il 22 dicembre 2010

La Flaica Cub di Torino ha proclamato uno sciopero dell’intera giornata di domani dell’Ipermercato Auchan di corso Romania a Torino. Il sindacato sottolinea che lo sciopero e’ stato proclamato per richiedere all’azienda un accordo interno che eviti il lavoro domenicale obbligatorio. La decisione potrebbe creare disagi in prossimita’ delle festivita’ natalizie (ANSA 22/12/2010).

Speriamo che crei TANTO disagio. Purtroppo, è bastato che un supermercato abbia iniziato ad aprire alla domenica perchè gli altri lo seguissero. Non basterà che uno cominci a chiudere, ma c’è bisogno di un’azione corale: nessuno di noi deve più fare la spesa alla domenica.

Allora lo sciopero, potrebbe essere l’inizio di un cambiamento

Sarebbe proprio un bel regalo di Natale. Peccato che in giro si dica che Babbo Natale non esiste…

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i dolci di Natale

scritto da il 21 dicembre 2010

Un elenco che, solo a leggerlo, ti alza la glicemia a 1000!

«Natale è una festa gastronomica, oltre che religiosa. Se in Italia il Presepe strizza l’occhio al panettone, il mix di sacro e goloso investe tutta l’Europa. Tra la Germania e i Paesi dell’ex impero Asburgico la festa è abbinata a prodotti da forno come cornetti alla vaniglia, biscotti all’anice, meringhe, marzapane e stelle alla cannella. I dolci austriaci e tedeschi più classici sono i weihnachtsplatzchen (biscotti alle mandorle) e i christstollen, un impasto di uova e farina cotto al forno con uvetta e frutta candita: un parente del panettone, più compatto e meno soffice, servito spalmato di burro fuso e coperto di zucchero vanigliato.

A Vienna si gusta il kletzenbrot, il pane di pere secche. In Tirolo lo zelten (…), un panforte poco dolce di frutta secca, arancini, cannella, chiodi di garofano e pasta di pane. Pasticceria innaffiata da glühwein, un vin brûlé molto speziato. Il dolce natalizio di Copenaghen è il ris à l’amande, nome rubato ai francesi per un riso e latte con panna e mandorle tritate, innaffiato di sherry. È simile al julgrot, il riso di Natale svedese: cotto con latte, zucchero e cannella, e servito, freddo o caldo, con marmellata. In Danimarca per digerire tutto si beve gløgg, versione superalcolica del vin brûlé, a base di vino rosso, acquavite, cannella, uvetta, chiodi di garofano e mandorle tritate: servito fumante, spesso accompagnato dalle æbleskiver, frittelle con zucchero a velo e marmellata di ribes nero. Al gløgg seguono bicchierini di Aalborg akvavit, una grappa natalizia ad alta gradazione. Serve a mandare giù la tradizionale pasticceria dell’Avvento: kleiner (frittelle di farina, burro, uova e limone), brune kager, (pane con zenzero tagliato a fettine e coperto di noci tritate), pebbernøder, (biscotti rotondi con cannella, zenzero e noce moscata) e folletti di marzapane.

Il pan di zenzero è il dolce di Natale anche in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Un mese prima delle feste l’impasto viene elaborato sciogliendo zucchero e miele nel burro e amalgamandoli poi con farina, uova, latte, sale, noci schiacciate, bucce di arancia candite, cannella, chiodi di garofano, cardamomo e zenzero. La pasta riposa per quattro settimane prima di essere cotta in forno Ci sono due tipi di pan di zenzero: uno molto speziato trasformato in biscottini che accompagnano la vodka; e un altro in cui abbonda la frutta secca, offerto come dessert. A Varsavia arriva in tavola insieme alla torta di semi di papavero, soffritti nel burro con mandorle, vaniglia, miele, uvetta e bucce di arancia candite, quindi mescolati con latte e tuorli di uovo per ottenere una crema adatta a farcire torte e pasticcini. A Praga il pan di zenzero è invece in compagnia di pernicky (le stelle alla cannella) e vánočka, la treccia di Natale, preparata con farina integrale, uova, burro, latte, lievito di birra, uvetta, mandorla e noce moscata: un cugino del panettone, meno lievitato del dolce milanese ma più dello stollen. D’altronde Milano, Praga e Vienna erano parti dello stesso impero.

A Budapest il dolce della festa è invece il rétech, uno strudel preparato con diverse marmellate, noci e altra frutta secca pestata e, a seconda delle ricette, succo di limone, cannella o rhum.
Il Christmas pudding inglese, parente più complesso del nostro budino, a Dublino diventa un dolce al cucchiaio a base di Guinness, whiskey, frutta secca, uva passa, preparato con due mesi di anticipo e cotto a bagnomaria per sette ore: è servito flambé. Complessa anche la Christmas cake irlandese, glassata torta con frutta secca, whiskey e marzapane. Più semplice la Christmas crumble: la sbrisolona dell’isola verde. In Spagna la Nochebuena (vigilia) si festeggia in famiglia mangiando torrone, marzapane e polvorones (dolcetti di burro e farina)» (di Marco Moretti).

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Think Blue: ricicla il tuo Natale

scritto da il 20 dicembre 2010

Purtroppo i giorni di Natale sono tra quelli in cui si spreca di più. Basterebbero poche attenzioni come, ad esempio, riciclare la carta da regalo, appena concluse le feste, o scegliere un abete vero, ma con le radici ben sviluppate, in modo da poterlo ripiantare subito nel terreno dopo Natale.

E’ questa l’idea che ha animato l’iniziativa Think Blue della Volkswagen: chi è passato sabato 11 dicembre in corso Como a Milano, si è trovato di fronte ad una speciale campana della raccolta differenziata, interamente colorata di blu.

Chi vi ha introdotto rifiuti in carta e plastica, è stato “magicamente” ricompensato per il gesto sostenibile con la restituzione da parte della campana di una decorazione natalizia dello stesso materiale riciclato, pronta per essere appesa all’albero!

Per far partire il video, passateci sopra con il mouse:

Lo stesso format verrà ripetuto, sempre a Milano, durante il weekend del 18/19 dicembre.

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le amnesie di Alemanno

scritto da il 18 dicembre 2010

“Sono costretto a protestare a nome della città contro le decisioni assunte dalla sezioni II e V del tribunale di rimettere in libertà in attesa di giudizio quasi tutti imputati degli incidenti del giorno 14”. Gianni Alemanno, sindaco di Roma, se la prende con i magistrati.

“C’è una profonda sensazione di ingiustizia – insiste Alemanno – perché i danni provocati richiedono ben altra fermezza nel giudizio della magistratura sui presunti responsabili di questi reati. Non è minimizzando la gravita di certi fatti che si dà il giusto segnale per contrastare il diffondersi della violenza politica nella nostra città”.

L’arringa accusatoria viene da chi ha vissuto da protagonista ben altre stagioni della violenza politica. I casi in cui è rimasto impigliato l’attuale sindaco sono tre:

Novembre 1981 per aggressione di uno studente di 23 anni. (Ansa, 20/11/1981)

Nel 1982 viene fermato per aver lanciato una molotov contro l’ambasciata dell’Unione Sovietica a Roma, scontando poi 8 mesi di carcere a Rebibbia. (Ansa, 15/05/1988)

Il 29 maggio 1989 viene arrestato a Nettuno per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, tentato blocco di corteo ufficiale, lesione ai danni di due poliziotti, in occasione della visita del Presidente Usa George H. W. Bush (Ansa 29 e 30/05/1989).

(da PeaceReporter)

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lo faremo come i conigli!

scritto da il 16 dicembre 2010

Avete sempre pensato di usarlo come palloncini per le feste di compleanno?

Allora sappiate che i conigli hanno più fantasia!

Il coniglietto Squabbit ha in serbo una sorpresa che porterà la sua compagna tra le stelle: passate sul video con il mouse (senza cliccare) per farlo partire.

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guerriglia romana

scritto da il 15 dicembre 2010

barricate a Roma dopo la fiducia a Berlusconi

Alla fine anche questa volta ce l’ha fatta: tre voti e avanti con la fiducia.

Ma mentre alla camera si votava, ci si fischiava, qualcuno faceva anche finta di menarsi, fuori la violenza era reale: «Guerriglia urbana in pieno centro a Roma. Dopo la fiducia alla Camera è esplosa la violenza di “black block” e militanti dei centri sociali che in mattinata si erano aggregati ai cortei studenteschi. Per la capitale è stata una giornata da incubo con barricate nelle vie del centro, auto date alle fiamme e cielo oscurato dal fumo nero».

Eppure, a vedere le immagini dall’interno del palazzo, nessuno sembrava preoccuparsene. Le notizie alla corte non sono arrivate? Gli insorti alle porte della Bastiglia e i nobili tranquilli a mangiare le brioche che Maria Antonietta voleva dare ai poveri?

Strano…

Scrive Mario Calabresi: «La politica chiusa nel Palazzo consuma la resa dei conti che aspetta da mesi: grida, si insulta, si conta e poi festeggia. Fuori la città brucia. Le porte del Palazzo vengono sprangate, a separare due mondi che sembrano vivere in galassie lontane anni luce.

Le colonne di fumo, le esplosioni, il clangore degli scontri, i sampietrini che volano, i caschi, le mazze, ci parlano naturalmente del passato, ci fanno pensare agli Anni Settanta, ma non è lì che dobbiamo andare per capire. Meglio guardare a Londra, ai ragazzi che assaltano le banche, che colpiscono l’auto di Carlo e Camilla, alla Grecia dei fuochi in piazza, a tutti i giovani fuori controllo che non hanno più nessun rapporto con i partiti e le loro mediazioni ma puntano allo sfascio, convinti di avere il diritto di sfogare in piazza la rabbia per una vita che si preannuncia precaria.

Le immagini di Roma fanno spavento e raccontano in modo esemplare la distanza tra una politica rinchiusa in se stessa, nei suoi riti più deteriori, e un Paese che sbanda, si incattivisce e non ha più né sogni né una direzione. I ragazzi che giocano alla guerra col casco, la benzina, il passamontagna e i bastoni non rappresentano certo gli italiani, ma la politica dovrebbe saper guardare oltre quei fuochi per vedere una maggioranza silenziosa e sfinita che non è più nemmeno capace di illudersi.

Invece la politica si blinda, si preoccupa di costruirsi una «zona rossa» per stare al sicuro, per lasciare fuori non solo i facinorosi ma tutti gli italiani, e poi dentro litiga, sbraita, eccita gli animi e non sembra in grado di produrre alcuna soluzione».

Scrivo io: e se gli scontri fossero stati organizzati e coordinati? Fino all’ultimo si è fatta la conta dei voti: il governo si è salvato per tre voti, ma per tre voti avrebbe potuto cadere. Allora meglio organizzare un po’ di caos fuori. Così, se per caso i tre voti andavano dall’altra parte, si era autorizzati a decretare lo stato d’assedio. Si faceva intervenire la polizia, sempre fedele a chi governa. Magari gli si affiancava l’esercito. E, per sicurezza, si estendevano i provvedimenti al resto d’Italia.

Naturalmente giustificati dalle necessità di ordine pubblico. E poi…

Condivido l’opinione di Mario Calabresi: è una persona seria che, purtroppo, sa di cosa parla. Io affianco solo un’ipotesi senza fondamento.

(immagini e citazioni da laStampa.it)

cade o non cade?

scritto da il 14 dicembre 2010

Oggi cadrà il governo? Oppure no?

Sorvoliamo sui ridicoli richiami al senso di responsabilità lanciati da Berlusconi e i suoi: se chi siede in parlamento avesse un minimo senso di responsabilità, lui sarebbe già a casa da un po’…se non direttamente a San Vittore.

Cadrà? Forse alla camera, ma non al senato, dove Fli (il partito di Fini), vigliaccamente sembra volersi astenere.

O forse, alla fine, qualcuno all’interno dello stesso Pdl, o della Lega, voterà in modo non allineato. E così cadrà.

Ammesso che cada, sapranno cambiare la legge elettorale e, cosa di cui nessuno parla più, varare finalmente la legge sul conflitto di interessi?

Se cadrà o meno, lo scopriremo tra qualche ora.

Sul cambiare le cose, sappiamo già da ora la risposta: NO.

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la marchionnite…

scritto da il 13 dicembre 2010

L’ultima “puntata” è stato l’incontro con la Presidente della Confindustria Italiana a…New York.

O meglio, è stato obbligare la signora Marcegaglia ad andare a New York per incontrarlo. E’ chiaro che mister Marchionne non ha conoscenza delle buone maniere.

Motivo dell’incontro? Comunicare alla Marcegaglia che deve creargli un contratto nazionale fatto su misura.

Tradotto: domani il giocatore più pagato del mondo, chiama il presidente di un grosso club e gli dice: “io vengo a giocare nella tua squadra, ma solo quando tu farai cambiare il regolamento in questo modo: io devo poter fare gol anche usando la mano sinistra”.

E la presidente Marcegaglia risponde: “lo farò al più presto”.

Cosa sta cercando il pingue Marchionne? Lo scrivono bene (ironicamente) su Panorama: la marchionnite “è il lavoro che cambia o forse torna solo all’antico”.

Lavorare di più. Lavorare sempre. Solo lavorare.

Peccato che poi, è sempre lo stesso Panorama a scriverlo, c’è uno studio dell’Ocse che mostra come l’Italia sia uno dei paesi in cui già si lavori di più.

Allora questo tornare all’antico prevede ancora due passaggi: lavorare e non potersi permettere ciò che si produce.

Lavorare e tornare all’antico: la schiavitù. Ecco cos’è la marchionnite.

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arance!

scritto da il 7 dicembre 2010

Tra le cose belle dell’inverno, oltre a Natale e alla neve, ci sono le arance!

«Una storia, quella della coltivazione della pianta dell’arancio, che prende il via dalla Cina per poi giungere dalle nostre parti grazie all’importazione dei marinai portoghesi, tanto che ancor oggi è diffuso un po’ in ogni dialetto italiano l’uso del termine “portogalli” (nelle varie varianti: dal “purtuallo” campano ai “portugaj” piemontesi). Ma si parla anche di una sua diffusione in epoca anteriore in Sicilia, con le piante giunte lungo la via della seta.
È l’agrume più diffuso nel mondo, con centinaia di varietà coltivate, con frutti a polpa bionda (naveline, bionde comuni) o a polpa rossa (tarocco, sanguinello), da mangiare o succosi da spremere. In Italia, che stando alle statistiche FAOSTAT relative al 2008 si attesta all’ottavo posto mondiale per quantità di arance prodotte, con circa due milioni e mezzo di tonnellate, si coltivano circa una ventina di varietà da tavola e altrettante da spremuta.

In Sicilia si concentrano anche due delle tre varietà tutelate con marchio IGP o DOP. Sono l’Arancia Rossa di Sicilia IGP, nelle sue varietà tarocco, moro e sanguinello, coltivata nel catanese, nella provincia di Enna, nel ragusano e nel siracusano, dal colore della polpa più o meno rosso e dal sapore dolce, e l’Arancia di Ribera DOP, coltivata nella provincia di Agrigento e a Chiusa Sclafani in provincia di Palermo, nelle varietà brasiliana, Washington Navel e navelina. La buccia dell’Arancia di Ribera è di colore arancio chiaro, mentre la polpa è uniformemente arancione e fornisce una quantità abbondante di succo. In Puglia si trova quindi la zona di produzione dell’Arancia del Gargano IGP, unica eccezione ad una regola che non vuole agrumi sulle coste adriatiche. Un luogo tutto speciale per gli agrumi, quello del promontorio del Gargano, dove si trova anche uno dei Presìdi Slow Food, e dove gli agrumi maturano praticamente lungo tutto il corso dell’anno. A Natale si raccolgono le arance Durette, ad aprile-maggio le arance Bionde, ma si possono mangiare fresche fino a settembre. In questa zona si trova anche il melangolo, termine che solitamente indica le arance amare in generale, ma che in questo caso si riferisce a un’arancia di pezzatura medio-piccola, dal colore rosso intenso e lucente e dalla buccia molto sottile, con succo tendente al dolce» (di F. Benincasa).

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cibo, umore & serotonina

scritto da il 6 dicembre 2010

L’inverno vi mette tristezza? Il buio delle cinque vi grava sulla giornata come un macigno?

Per tenervi alto il morale, dovete fare attenzione a ciò che mangiate!

“Mood food”: lo chiamano cibo per l’umore; come una manciata di mandorle per prima colazione, un filetto di salmone a cena o una tazza di latte caldo prima di andare a dormire.

«Per capire come funziona la faccenda, serve qualche rudimento di biochimica. In sostanza, il cervello comunica tramite sostanze chimiche, i neurotrasmettitori, che passano da un neurone all’altro e la cui natura dipende strettamente dal cibo che ingeriamo. In particolare uno di essi, la serotonina, che sovrintende all’umore, viene innescata da un aminoacido detto triptofano. Dunque per sentirsi meglio può servire assumere una maggiore quantità di alimenti che il triptofano contengono: cioè banane, cioccolato, latte e latticini. Ma anche semi di sesamo e di girasole. Quanto al salmone, come qualunque pesce grasso che viva in acque particolarmente fredde, contiene vitamina B12 e ottime dosi di omega3: sostanze che, sul lungo periodo, combattono la depressione. E questo è soltanto uno dei modi in cui possiamo influenzare il nostro umore a tavola. Meccanismi che spesso si ritrovano in antiche abitudini alimentari: non sapevamo perché, ma lo facevamo già» (di E. Santolini).

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Tre domande allo psichiatra e psicoterapeuta Gennaro Galdo, presidente della sede di Salerno dell’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Relazionale e Familiare (ISPPREF):

– Che vuol dire Dalla psicopatologia alla salute?
(titolo di un convegno svoltosi a Salerno il 20/11/2010)

L’attenzione che fino ad oggi è stata posta nei confronti della patologia e, nel nostro campo, alla psicopatologia, dovrebbe in una sua parte consistente essere direzionata verso la salute; un esempio per tutti: il concetto di resilienza, vale a dire la capacità di taluni individui e/o gruppi con storia o meno ( famiglie, gruppi di lavoro, eccetera) non solo di fronteggiare validamente i cosiddetti fattori di rischio (di natura sociale, psichica e biologica), ma di raggiungere risultati in termini di benessere anche superiori rispetto a coloro che ai suddetti fattori di rischio non sono esposti. Ebbene, a mio parere, è venuto il momento di studiare da vicino proprio costoro e non solo quelli che si ammalano. A quali risorse hanno accesso i gemelli monozigoti di pazienti schizofrenici, risorse che permettono loro di non ammalarsi? Come mai persone che hanno avuto genitori incompetenti e/o maltrattanti emergono con successo nella loro vita? Perchè alcune famiglie “estreme”, ad esempio disimpegnate e caotiche o rigide ed invischiate, non registrano al loro interno pazienti psichiatrici? Inoltre nelle nostra organizzazione sanitaria è troppo premiato colui che cura rispetto a colui che previene: non dico che bisognerebbe pagare i medici solo quando si sta bene come accadeva nella Cina del Celeste Impero, ma certamente qualcosa va cambiato nel contratto tra curati e curanti.

– Qual è attualmente il ruolo della psicoterapia familiare?

Come è noto la psicoterapia familiare nelle sue varie accezioni (strategica, psicoeducativa, costruttivista, narrativa, strutturale, eccetera, per cui parlerei di terapie familiari) è riconosciuta da vari studi internazionali, tra i quali il più noto è quello di un’agenzia di ricerca inglese indipendente e collegata al Servizio Sanitario Nazionale Inglese, come efficace nei più diversi campi del disagio psichico, in particolare quello infantile e quello delle psicosi, ma mi preme sottolineare due fatti: a) in presenza di una qualunque patologia psichica la famiglia è sempre coinvolta: a prescindere dalle cause e/o dalle responsabilità (che come tutti sanno non si mangiano), le soluzioni non possono essere trovate quasi mai o con molte più difficoltà e dispendiosità a prescindere o contro la famiglia della persona indicata come la portatrice del problema; b) su tutto il globo terracqueo gli esseri umani hanno scelto una struttura familiare per crescere i loro piccoli: questo avrà un senso oppure no? Se è la famiglia che nel suo insieme e attraverso i suoi singoli componenti ci accompagna nella crescita da quando non siamo in grado di nutrirci, di parlare e di tenerci puliti all’età dove tutto questo ed altro ancora non siamo in grado di farlo, dobbiamo allora riconoscere alla famiglia delle capacità non trascurabili; è queste che dobbiamo elicitare ed implementare, una volta che esse siano attivate a favore di un suo componente, allora esse costituiranno una risorsa per tutti e non solo per chi ne ha usufruito per primo.

– Che difficoltà incontra nel servizio pubblico l’utilizzazione della psicoterapia ed in particolare l’approccio sistemico-relazionale?

Le difficoltà per lo più provengono da “proibizioni culturali”; ancora oggi alcuni allievi di psicoterapia familiare, regolarmente supervisionati nei loro gruppi di formazione, vengono redarguiti dai loro tutor di tirocinio istituzionali nei servizi pubblici se “osano” vedere i pazienti con le loro famiglie; non ho mai nemmeno lontanamente proibito né ai miei allievi né ad allievi altrui, ai quali talvolta ho fatto da tutor nel servizio pubblico dove lavoro, di vedere individui anziché solo famiglie, anzi ho considerato questa circostanza un’opportunità di arricchirmi di un altro punto di vista e di interagire con questo: l’effetto Dodo (*) dovrebbe essere noto a tutti gli psicoterapeuti. Molti dicono che questi ultimi cominciano ad essere troppi ed invadenti, personalmente sono convinto che, se, come dovremmo, ci riferiamo alla salute come condizione di benessere fisico, psichico e sociale, allora gli psicoterapeuti dovrebbero occupare un campo, nei servizi sanitari nazionali, almeno pari al 33,33% delle risorse umane e materiali; in attesa che questo avvenga mi accontenterei di allocare delle risorse psicoterapeutiche in ogni reparto ospedaliero: credo si risparmierebbe molto e con gran vantaggio dei pazienti e delle equipe curanti.

(*) ndr: Tutte le psicoterapie funzionano altrettanto bene, Saul Rosenzweig lo sottolineò in un documento del 1936.

(l’intervista è tratta da Agenzia Radicale)

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la camera chiude

scritto da il 2 dicembre 2010

Gli operai della Fiat dovranno lavorare 365 giorni all’anno.

Gli operai delle cooperative, in tanti casi, già lo fanno.

La camera dei deputati chiude per una settimana, perchè il 14 dicembre i parlamentari dovranno votare la fiducia.

E’ una cosa faticosa, bisogna che si preparino adeguatamente.

Mah…

Forse è davvero ora di fare pulizia…

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menù da ammalato

scritto da il 1 dicembre 2010

«canederli di spinaci al burro fuso, gnocchi di polenta al pomodoro, minestra di orzo o di patate, strudel al formaggio, insalata di ceci, filetto di trota al forno, spezzatino di vitello, strudel, burro ed yogurt locali (Mila)»: non è il menù servito in una tipica stube altoatesina, ma quello che propone l’Ospedale di Bolzano!

E a ricordarvelo, «con ogni menu vi viene servita una tabella che elenca le proprietà nutrizionali di quello che state mangiando: calorie, grassi, colesterolo, proteine, fibre, amido» (laStampa.it).

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