il non sapere

scritto da il 11 maggio 2012

Il Trota sostiene che non sapeva di aver conseguito una laurea. Altri non sapevano di aver ricevuto in dono un appartamento.

Altri ancora non sapevano che gli stavano rubando i soldi dal conto corrente.

Il “non sapere” è la costante della politica italiana. O meglio, dei politici italiani. Loro non sanno niente, eppure sono sulla plancia di comando!

Noi ce ne siamo resi conto da tempo, ma non siamo ancora stati capaci di licenziarli.

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In attesa dei ballottaggi per le amministrative, avanzo una proposta per la riforma della legge elettorale: togliere il diritto di voto a chi non è in grado di efettuare la raccolta differenziata.

Non è possibile che non si sappia distinguere una buccia di banana da un barattolo di plastica e si abbia la facoltà di esprimere una preferenza politica!!!

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povero Silvio

scritto da il 7 maggio 2012

Il grande amico Sarkozy lo rinnega.

Il Milan, di cui è tornato presidente, perde lo scudetto.

Il partito di cui è padrone sembra perdere alla grande.

Per consolarsi deve andare alla Festa dell’Unità del comunista Putin!

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Grillo e la Lega

scritto da il 7 maggio 2012

Sembra che il movimento dell’ex-comico Beppe Grillo abbia preso un bel po’ di voti.

Nel 1992, alle elezioni, la Lega andava oltre l’8%. Nel 2012 si scopre che è come tutti gli altri partiti, se non peggio.

Grillo, speriamo arrivi presto il 2032…

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una telefonata

scritto da il 7 maggio 2012

– Monsieur le Président, c’è una telefonata per lei…

– Chi è?

– Dalla Germania, la cancelliera Merkel.

– Merkel? Angela Merkel? Quella che sosteneva senza pudore il mio avversario?

– Oui, proprio lei!

– Très bien, passamela… bonjour frau Merkel!

Avrei tanto voluto sentire il resto della telefonata!

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Squinzi presidente

scritto da il 22 marzo 2012

Era sostenuto da Montezemolo e Marchionne, il quale aveva promesso (o minacciato) che la Fiat sarebbe rientrata in Confindustria se avesse vinto. E’ a favore dell’abolizione totale dell’articolo 18 (e forse anche di tanti altri articoli…la schiavitù è sicuramente la forma di investimento produttivo più conveniente).

Bombassei ha perso. Che peccato…

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Presidente Monti, intervenga IMMEDIATAMENTE!!!

Stamattina ho assistito ad un vero e proprio attentato all’economia italiana: un atto spudorato di insulto a chi quotidianamente lotta per alzare il nostro PIL. Ho visto una scena terribile per chi vuole salvare l’Italia: una violenza che non può restare impunita!

Stamattina ho visto una classe scolastica tornare a piedi da una biblioteca. ORRORE!!!

A piedi: senza consumare carburante, senza arricchire i petrolieri!!!

Con dei libri presi da una biblioteca: a prestito, gratutito, senza così aumentare il PIL.

Terribile.

Poi, magari, questi libri verranno letti e riconsegnati così da permettere ad altri bambini di leggerli. E il PIL non aumenterà.

Monti, intervenga immediatamente. Altrimenti lo sforzo per chiudere la riforma del lavoro sarà vano: con che faccia andrà in Estremo Oriente a raccontare, a quei Paesi che hanno economie prorompenti (e nessun diritto umano), che la minore competitività dell’Italia è venuta meno?

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Scrive Antonio Socci su “Libero” del 18 marzo 2012: «Monopolizzano la scena ormai da mesi: la “signora crescita” e il “signor pil”. E inseguiamo tutti drammaticamente il loro matrimonio. Anche in queste ore sono al centro delle trattative fra partiti, governo e sindacati.

(…) chi è questo “signor Pil”?

I manuali dicono che è il “valore di beni e servizi finali prodotti all’interno di un certo Paese in un intervallo di tempo”. Ma fu proprio l’inventore del Pil, Simon Kuznets, ad affermare che “il benessere di un Paese non può essere facilmente desunto da un indice del reddito nazionale”.

Lo ha ricordato ieri Marco Girardo, in un bell’articolo su “Avvenire”, aggiungendo che ormai da decenni economisti e pensatori mettono in discussione questo parametro: da Nordhaus a Tobin, da Amartya Sen a Stiglitz e Fitoussi.

Girardo ha riproposto anche un bell’intervento di Bob Kennedy, che già nel 1968, tre mesi prima di essere ammazzato nella campagna presidenziale che lo avrebbe portato alla Casa Bianca, formulò così il nuovo sogno americano:

“Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Non è una discussione astratta. Infatti con l’esplosione e lo strapotere della finanza – che nei primi anni Ottanta valeva l’80 per cento del Pil mondiale e oggi è il 400 per cento di esso – questo “erroneo” Pil è diventata la forca a cui si impiccano i sistemi economici, il benessere dei popoli e la sovranità degli stati.

Oggi la ricchezza finanziaria non è più al servizio dell’economia reale e del benessere generale, ma conta più dell’economia reale e se la divora, la determina e la sconvolge (e con essa la vita di masse enormi di persone).

Anche perché ha imposto una globalizzazione selvaggia che ha messo ko la politica e gli stati e che sta terremotando tutto.

La crescita del Pil o la sua decrescita decide il destino dei popoli, è diventata quasi questione di vita o di morte e tutti – a cominciare dalla politica, ridotta a vassalla dei mercati finanziari – stanno appesi a quei numerini.

Dunque le distorsioni e gli errori che erano insiti nell’originaria definizione del Pil rischiano di diventare giudizi sommari e sentenze di condanna per i popoli.

Per questo, l’estate scorsa, nel pieno della tempesta finanziaria che ha investito l’Italia, un grande pensatore come Zygmunt Bauman, denunciando “un potere, quello finanziario, totalmente fuori controllo”, descriveva così l’assurdità della situazione: “C’è una crisi di valori fondamentali. L’unica cosa che conta è la crescita del pil. E quando il mercato si ferma la società si blocca”.

Nessuno ovviamente può pensare che non si debba cercare la crescita del Pil (l’idea della decrescita è un suicidio (NON CONDIVIDO. Massimo)). Il problema è cosa vuol dire questa “crescita” e come viene calcolata oggi. Qui sta l’assurdo.

Bauman faceva un esempio:

“se lei fa un incidente in macchina l’economia ci guadagna. I medici lavorano. I fornitori di medicinali incassano e così il suo meccanico. Se lei invece entra nel cortile del vicino e gli dà una mano a tagliare la siepe compie un gesto antipatriottico perché il pil non cresce. Questo è il tipo di economia che abbiamo rilanciato all’infinito. Se un bene passa da una mano all’altra senza scambio di denaro è uno scandalo. Dobbiamo parlare con gli istituti di credito”.

Con questa assurda logica – per esempio – fare una guerra diventa una scelta salutare perché incrementa il pil, mentre avere in un Paese cento Madre Teresa di Calcutta che soccorrono i diseredati è irrilevante.

Un esempio italiano: avere una solidità delle famiglie o una rete di volontariato che permettano di far fronte alla crisi non è minimamente calcolato nel Pil.

Eppure proprio noi, in questi anni, abbiamo visto che una simile ricchezza, non misurabile con passaggio di denaro, ha attutito dei drammi sociali che potevano essere dirompenti.

Ciò significa che ci sono fattori umani, non calcolabili nel Pil, che hanno un enorme peso nelle condizioni di vita di una società e anche nel rilancio della stessa economia.

Perché danno una coesione sociale che il mercato non può produrre, ma senza la quale non c’è neppure il mercato.

Ecco perché Benedetto XVI nella sua straordinaria enciclica sociale, “Caritas in Veritate”, uscita nel 2009, nel pieno della crisi mondiale, ha spiegato che “lo sviluppo economico, sociale e politico, ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano di fare spazio al principio di gratuità”, alla “logica del dono”.

(…)Noi c’illudiamo che il nostro Pil torni a crescere se imiteremo la Cina. Ma la Cina – anzi la Cindia – non fa che fabbricare, in un sistema semi-schiavistico (quindi a prezzi stracciati), secondo un “know how” del capitalismo che è occidentale. Scienza, tecnologia ed economia sono occidentali. L’Oriente copia.

Proprio l’Accademia delle scienze sociali di Pechino, richiesta dal regime di “spiegare il successo, anzi la superiorità dell’Occidente su tutto il mondo”, nel 2002, scrisse nel suo rapporto: “Abbiamo studiato tutto ciò che è stato possibile dal punto di vista storico, politico, economico e culturale”.

Scartate la superiorità delle armi, poi del sistema politico, si concentrarono sul sistema economico: “negli ultimi venti anni” scrissero “abbiamo compreso che il cuore della vostra cultura è la vostra religione: il cristianesimo. Questa è la ragione per cui l’Occidente è stato così potente. Il fondamento morale cristiano della vita sociale e culturale è ciò che ha reso possibile la comparsa del capitalismo e poi la riuscita transizione alla vita democratica. Non abbiamo alcun dubbio”.

Loro lo sanno. Noi non più».

Il finale è un po’ tirato, alcune parti non le condivido, alcune le ho tagliate perchè non utili al senso dell’articolo.

Resta valido il concetto: il PIL è solo una grande inculata per le persone comuni, ovvero il 98% della popolazione mondiale.

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Nelle ultime settimane, diversi autori hanno sostenuto la TAV con la motivazione: non è possibile che i pochi abitanti di una sperduta valle si mettano contro le decisioni di un governo nazionale.

Il fulcro del discorso si è spostato dal piano squisitamente tecnico a quello esclusivamente politico: opporsi alla TAV è sinonimo di antidemocrazia (sic!).

Perchè questo spostamento di focus?

Forse perchè sul piano tecnico l’inutilità del progetto TAV è troppo lampante!

«E così il governo tira finalmente fuori alcune risposte ai dubbi sul Tav Torino-Lione. Posto che una seria valutazione non si fa a colpi di comunicati e dibattito sui giornali, ma attivando una apposita commissione tecnica indipendente, accenniamo qui ad alcune obiezioni. Secondo il team tecnico della Comunità Montana Valli Susa e Sangone, i 14 punti appaiono “affrettati, superficiali, parziali e qua e là inesatti; in ogni caso mancano i riferimenti agli studi che dovrebbero esserne la base e che, se esistono, continuano a essere coperti da segreto di Stato”. Il riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra e ai benefici ambientali dell’opera non è credibile, in quanto la letteratura scientifica internazionale attribuisce a opere simili pessime prestazioni energetiche e qui si afferma il contrario senza fornire un’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) o un semplice bilancio di carbonio verificabile, invocati da anni.

Il nuovo tunnel di base, tra energia e materie prime spese in fase di realizzazione ed energia di gestione, inclusa quella per il raffreddamento dell’elevata temperatura interna alla roccia, produrrebbe più emissioni della linea storica a pieno carico di merci e passeggeri, in palese contrasto con gli obiettivi europei di efficienza energetica 20-20-20. Per limitare l’impatto psicologico e diluire quello finanziario a carico dei contribuenti si tende nei 14 punti a frammentare l’opera in sezioni indipendenti più piccole, che tuttavia non permetterebbero da sole di raggiungere le prestazioni promesse. Un esempio: si dichiara una riduzione dei tempi di percorrenza tra Torino e Chambéry pari a 79 minuti, solo grazie al nuovo tunnel di base, rimanendo invariati i raccordi. Ma tale risultato è irraggiungibile senza la realizzazione dell’intera tratta, in quanto implicherebbe velocità prossime ai 500 km/h in tunnel a fronte di una velocità di progetto di 220 km/h. Delle tre ore di riduzione tempi di percorrenza sulla tratta Parigi-Milano enunciate al punto 6, già ora circa 40 minuti sarebbero recuperabili facendo transitare i TGV sulla nuova e sottoutilizzata linea ad alta velocità Torino-Milano, sulla quale tuttavia i treni francesi non sono ammessi per discutibili scelte sui sistemi di segnalamento, che pure l’Europa individua come primo fattore da armonizzare per le reti transeuropee. Al punto 11 si arriva addirittura ad affermare che “il progetto non genera danni ambientali diretti ed indiretti” il che è ovviamente impossibile, un’opera di questo genere presenta inevitabilmente enormi criticità ambientali e sanitarie, evidenziate perfino nelle relazioni progettuali LTF, che si può tentare di mitigare e compensare, ma non certo eliminare. L’unico modo per non avere impatti “nel delicato ambiente alpino” è lasciarlo indisturbato!

I posti di lavoro promessi, oltre che sovrastimati, riguarderebbero principalmente gli scavi in galleria, dunque notoriamente temporanei, insalubri e di modesta qualificazione professionale, in genere coperti da emigrati da paesi in via di sviluppo. Le prestazioni della linea esistente vengono minimizzate sulla base della vetustà e non delle sue effettive capacità. Nel 2010 infatti la linea attuale è stata utilizzata a meno del 12% delle sue potenzialità. Un tunnel è un tunnel, non può essere né vecchio né nuovo allorché svolge la sua funzione di condotto. Il Frejus, benché ultimato nel 1871, a differenza di quanto affermato al punto 8 “dove non entrano i containers oggi in uso per il trasporto merci” è stato recentemente ampliato per consentire il passaggio di container a sagoma GB1 (standard europeo), spendendo poco meno di 400 milioni di euro. Non è chiaro perché il collaudo tardi ancora o, se c’è stato, perché permangano i limiti preesistenti ai lavori. Quanto alla pendenza della linea storica, indicata al punto 6 nel 33 per mille, si rileva che il valore medio è attorno al 20 per mille, e solo 1 km raggiunge il 31 per mille e non il 33. L’energia spesa per raggiungere la quota massima del tunnel del Frejus a 1335 metri viene inoltre in buona parte recuperata nel tratto di discesa.

Si ricorda che negli Stati Uniti l’unico tunnel che attraversa il Continental Divide nelle Montagne Rocciose del Colorado, il Moffat Tunnel, lungo 10 km, è a binario unico e culmina a ben 2817 m, e dal 1928 viene ritenuto ancora perfettamente efficiente. In conclusione: c’è già una ferrovia funzionante lungi da essere paragonata a una macchina da scrivere nell’era del computer; l’attuale domanda di trasporto è enormemente inferiore alla capacità della linea; costruire un’altra linea in megatunnel costa una cifra spropositata in un momento così critico per la nostra economia; l’Europa non ci ha imposto niente, tant’è che non ha ancora deciso se finanziare o meno il tunnel di base; la valutazione di impatto ambientale dell’intero progetto non è mai stata effettuata; l’analisi completa costi-benefici non è ancora stata pubblicata; il bilancio energetico non è disponibile. E nel frattempo, intorno alla torta si affollano anche troppi commensali, tutti interessati a partire con i lavori, non importa come, purché si cominci a scavare» (da “TAV, LE 14 BUGIE DEL GOVERNO SU UN’OPERA COSTOSA E DANNOSA” di Luca Mercalli, “Il Fatto Quotidiano”, 15 marzo 2012).

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Non importa come la pensiate sulla Tav, se ancora pensate con la vostra testa, non potete che concordare su un dato di fatto: quello che sta andando in onda è il peggio dell’Italia.

E’ il peggio quando un giornalista (sempre che Sallusti si possa definire tale) può scrivere che un la vittima di un incidente è solo un “cretinetti”.

E’ il peggio quando i giornalisti (veri, non come quello sopra) vengono picchiati perchè raccontano quello che capita.

E’ il peggio quando le forze dell’ordine spaccano le vetrine anzichè aspettare che gli venga aperta la porta.

E’ il peggio quando un movimento, che nasce con ottime intenzioni, non è capace di isolare i violenti.

E’ il peggio quando le forze dell’ordine si trasformano in picchiatori di professione, al soldo delle lobby dei costruttori.

E’ il peggio quando la politica pensa solo ai suoi interessi e li maschera di interesse pubblico.

E’ il peggio quando un ministro dice “dialogo e fermezza”, significa: parlami tanto non ti ascolto.

E’ il peggio. Da tutte e due le parti.

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A Ivrea l’aria è inquinata. A gennaio, in 20 giorni su 31, sono stati superati i limiti stabiliti per legge relativi alle polveri sottili, comunemente conosciute come PM10. A febbraio anche peggio: al 12 si sono superati per ben 10 volte.

Bisogna correre ai ripari!

E cosa decidono di fare i nostri amministratori? La Sentinella lo ha chiesto all’Assessore alla Mobilità, Giovanna Codato, che ha risposto così: «ciò che compromette la qualità dell’aria in città è il transito delle auto che provengono dall’esterno e devono attraversarla per imboccare le arterie per Milano, Torino, la Valle D’Aosta (…) Come giunta stiamo operando per insegnare alla gente ad usare mezzi alternativi. Negli ultimi anni è salito il numero di chi usa la bicicletta e di certo, in futuro, con la presenza del ponte passerella, la cui costruzione è imminente, avremo più persone che utilizzeranno di meno l’auto».

Io ho riletto la risposta per una decina di volte. E poi ho dovuto arrendermi.

Riconosciuto che il problema nasce dal transito di auto non eporediesi, la Codato propone, o impone, una soluzione che tale non è: punire le auto eporediesi (sic!).

Non conosco di persona la signora Codato e perciò mi fermo qui. Ma prima di chiudere, le ricordo che da anni ci sono cittadini che hanno individuato soluzioni decisamente più utili: l’uso della rete autostradale come circonvallazione di Ivrea. Non sarebbe una soluzione davvero efficace?

Ma è sicuramente più facile punire i cittadini anzichè toccare i privilegi della casta autostradale…vero signora Codato?

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Diocesi di Ivrea: sede vacante

scritto da il 27 febbraio 2012

La notizia è stata confermata: Monsignor Arrigo Miglio è il nuovo arcivescovo di Cagliari.

E, conseguenza diretta, la diocesi di Ivrea è sede vacante!

Tranquilli, non è nulla di grave e non capiterà nulla di imprevisto: è tutto regolato dal Codice di Diritto Canonico. Che, nel Libro II, Parte seconda, Sezione II, ha un articolo apposito: la sede vacante.

«Can. 416 – La sede episcopale diviene vacante con la morte del Vescovo diocesano, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice, col trasferimento e con la privazione intimata al Vescovo stesso.

Can. 417 – Tutto ciò che viene compiuto dal Vicario generale o dal Vicario episcopale ha valore finché non hanno ricevuto notizia certa della morte del Vescovo diocesano; così pure ha valore tutto ciò che viene compiuto dal Vescovo diocesano o dal Vicario generale o episcopale finché non abbiano ricevuto notizia certa degli atti pontifici sopra menzionati.

Can. 418 – §1. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento il Vescovo, entro due mesi, deve raggiungere la diocesi alla quale è destinato e prenderne possesso canonico; dal giorno della presa di possesso canonico della nuova diocesi, la diocesi di provenienza diviene vacante.

§2. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento fino alla presa di possesso canonico della nuova diocesi, il Vescovo trasferito nella diocesi di provenienza: 1) ha la potestà di Amministratore diocesano ed è tenuto agli agli obblighi relativi, mentre cessa ogni potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale, salvo tuttavia il can. 409, §2; 2) percepisce l’intera rimunerazione propria dell’ufficio.

Can. 419 – Quando la sede diviene vacante, il governo della diocesi, fino alla costituzione dell’Amministratore diocesano, passa al Vescovo ausiliare e, se sono più d’uno, al più anziano per promozione; se manca il Vescovo ausiliare, è affidato al collegio dei consultori, a meno che la Santa Sede non abbia provveduto diversamente. Colui che assume in tal modo il governo della diocesi convochi senza indugio il collegio competente a nominare l’Amministratore diocesano.

(…) Can. 421 – §1. Entro otto giorni dal momento in cui si è ricevuta notizia che la sede episcopale è vacante, il collegio dei consultori, fermo restando il disposto del can. 502, §3, deve eleggere l’Amministratore diocesano con il compito di reggere interinalmente la diocesi.

§2. Se l’Amministratore diocesano per qualsiasi causa non viene eletto legittimamente entro il tempo prescritto, la sua nomina passa al Metropolita e se è vacante la stessa sede metropolitana o, contemporaneamente, la sede metropolitana e quella suffraganea, passa al Vescovo suffraganeo più anziano per promozione.

(…) Can. 423 – §1. Si nomini un solo Amministratore diocesano, riprovata qualsiasi consuetudine contraria; altrimenti l’elezione è nulla.

§2. L’Amministratore diocesano non sia contemporaneamente economo; perciò se l’economo della diocesi viene eletto Amministratore, il consiglio per gli affari economici elegga temporaneamente un altro economo.

Can. 424 – L’Amministratore diocesano venga eletto a norma dei cann. 165-178.

Can. 425 – §1. All’ufficio di Amministratore diocesano può essere destinato validamente solo un sacerdote che abbia compiuto i trentacinque anni di età e che non sia già stato eletto, nominato o presentato per la medesima sede vacante.

§2. Venga eletto Amministratore diocesano un sacerdote che si distingua per dottrina e prudenza.

(…) Can. 426 – Colui che, mentre la sede è vacante, regge la diocesi prima della nomina dell’Amministratore diocesano, ha la stessa potestà che il diritto riconosce al Vicario generale.

Can. 427 – §1. L’Amministratore diocesano è tenuto agli stessi obblighi e ha la potestà del Vescovo diocesano, escluso ciò che non gli compete o per la natura della cosa o per il diritto stesso.

§2. L’Amministratore diocesano ottiene la relativa potestà dal momento in cui accetta l’elezione, senza bisogno di conferma da parte di alcuno, fermo restando quanto prescrive il can. 833, n. 4.

Can. 428 – §1. Mentre la sede è vacante non si proceda a innovazioni.

§2. A coloro che provvedono interinalmente al governo della diocesi è proibito compiere qualsiasi atto che possa arrecare pregiudizio alla diocesi o ai diritti episcopali; in modo speciale è proibito a loro e perciò a chiunque altro, sia personalmente, sia attraverso altri, di sottrarre o distruggere o modificare qualsiasi documento della curia diocesana.

Can. 429 – L’Amministratore diocesano è tenuto all’obbligo di risiedere nella diocesi e di applicare la Messa per il popolo, a norma del can. 388.

Can. 430 – §1. L’ufficio dell’Amministratore diocesano cessa con la presa di possesso della diocesi da parte del nuovo Vescovo.

§2. La rimozione dell’Amministratore diocesano è riservata alla Santa Sede; l’eventuale rinuncia deve essere presentata in forma autentica al collegio competente per la sua elezione, e non ha bisogno di essere accettata; in caso di rimozione, di rinuncia o di morte dell’Amministratore diocesano, ne venga eletto un altro, a norma del can. 421» (dal Codice di Diritto Canonico).

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Monsignor Miglio lascia Ivrea

scritto da il 25 febbraio 2012

Appena letto su laSentinella.it: «Monsignor Arrigo Miglio è il nuovo arcivescovo di Cagliari. La nomina dell’attuale vescovo di Ivrea alla guida della diocesi cagliaritana in sostituzione di mons. Giuseppe Mani, sarà annunciata domani in Cattedrale. (…) E’ probabile che l’ingresso nella nuova sede arcivescovile coinciderà col ventennale della sua consacrazione a vescovo, che cade il 25 aprile. Mons. Miglio compirà 70 anni nel prossimo mese di luglio.».

Secondo l’articolo, la notizia è stata data in anteprima da un giornalista ed è già stata rilanciata anche dall’Ansa. Al momento però, sui siti delle diocesi di Cagliari e Ivrea non compare ancora nulla.

Alcune voci già circolavano, anche perchè Monsignor Miglio fu nominato vescovo nel 1992 e fu assegnato, fino al 1999, alla guida della Diocesi di Iglesias. Solo l’altro sabato, un sacerdote di Iglesias, in visita a Ivrea, ricordava come Monsignor Arrigo dicesse “noi sardi”. E solo un sardo può essere arcivescovo di Cagliari.

la Rai al servizio della camorra

scritto da il 13 febbraio 2012

Causa il grosso problema della neve invernale, una notizia come quella che segue non ha sicuramente spazio. Ma anche in assenza totale di neve, questa notizia non avrebbe trovato spazio: perchè la Rai dovrebbe smetterla di chiamare canone quello che in realtà è un pizzo…

«Lo scrittore Roberto Saviano ha pubblicato oggi sul proprio profilo Facebook un’altra storia scivolata in silenzio. La storia di Gaetano McKay Marino, boss degli Scissionisti, in platea in un programma Rai mentre sua figlia canta un brano a lui dedicato. Tutto ammantato da una commozione televisiva, imposta.

“Questa è una storia passata inosservata”, scrive Roberto Saviano. “Strana, dura pochi minuti. Ma minuti televisivi. Arriva in milioni di case nei giorni che si preparano al Capodanno. Ma il racconto di questi minuti televisivi non avrebbe senso se non si conoscesse la storia di Gaetano McKay Marino”, scrive Saviano. Che continua: “Gaetano Marino è ai vertici degli Scissionisti, detti anche Spagnoli, usciti vincitori della guerra interna al cartello dei Di Lauro. (…) Gaetano fu scovato nel dicembre 2004 in un albergo di lusso della costiera sorrentina, si nascondeva lì per sfuggire alla vendetta dei killer rivali che lo cercavano, ed era sempre accompagnato dal suo maggiordomo che aveva il compito di accudirlo. Gaetano Marino (…) perse entrambe le mani per lo scoppio di un ordigno. Guerra di camorra con i Ruocco, anni ’90, si voleva fargli saltare la villa e una bomba gli esplose in mano. (…) Altri dicono che perse le mani perché stava lanciando una bomba a mano esplosa prima del tempo. Gaetano Marino è stato per la camorra una sorta di ambasciatore dei sodalizi di Secondigliano con la mafia albanese, come dimostrato dall’inchiesta del Gico di bari dell’ottobre 2010”.

“Il 29 dicembre del 2010 una bambina presentata come Mary Marino – piccola, di dodici anni – viene invitata a chiudere la trasmissione di capodanno ‘Canzoni e Sfide’ condotta da Lorena Bianchetti e trasmessa da Raidue. La presentatrice annuncia l’ospite: ‘Vogliamo a questo punto proporvi un’esibizione veramente intensa. Lei è una bambina, ma ha voluto scrivere e dedicare una lettera al suo papà, davvero molto toccante’. La bambina, ovviamente incolpevole, viene invitata a cantare un brano che è un inno a suo padre, Gaetano Marino. ‘Tu sei il padre più bello del mondo che non cambierei’.

E’ Saviano a porsi le domande e scrive “Naturalmente a stupire non è che una bambina ami suo padre e voglia dedicargli una canzone. Non stupisce nemmeno che la figlia e nipote dell’aristocrazia del narcotraffico italiano, vada in televisione – in Rai – a cantare una canzone per suo padre. Per una figlia, per una bambina, un padre anche quando camorrista è soltanto un padre. Su tutto questo, si potrebbe sorvolare e superare l’imbarazzo. Ma alla fine dell’esibizione Lorena Bianchetti le si avvicina e le dice: ‘È bellissimo questo brano’ poi continua, ‘Ti va di fare una sorpresa a papà? Ti va di dargli un bacino? Dov’è… signor papà, c’è Mary che vorrebbe darle un bacino’. E lì, in prima fila, ecco Gaetano Marino (ripreso senza inquadrare le mani di legno) che dà un bacio a sua figlia. Incredibile. Mi domando, perché questo omaggio? Perché il Politeama di Catanzaro ha tenuto Gaetano Marino come ospite d’onore in prima fila. Perché la RAI ha messo in scena questa celebrazione? Il mondo degli appalti che riguardano lo spettacolo è da sempre infiltrato. Catering, palchi, concerti, teatri. Maurizio Prestieri, boss del Rione Monterosa e ora collaboratore di giustizia, conosce sin nel dettaglio questi meccanismi. Prima o poi si riuscirà a svelare i legami tra mafie, televisioni, musica e spettacolo”» (da Repubblica.it del 10/02/2012).

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appello per le olimpiadi 2020

scritto da il 9 febbraio 2012

60 atleti di altissimo livello hanno firmato un appello al premier Monti: Caro Monti, sottoscriva l’impegno del Governo per Roma 2020!

60 atleti e, soprattutto, un testimonial d’eccezione di cui riportiamo la foto: Gianni Alemanno!

L’immagine di una città attiva, pronta ai grandi eventi, capace di agire e intervenire tempestivamente, pronta a rimboccarsi le maniche.

Alemanno, un testimonial davvero credibile. A cui, però, non è stato detto che si parla delle olimpiadi estive…

Alemanno con la pala testimonial olimpiadi Roma 2020

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