il Parlamento del vino

scritto da il 13 settembre 2007

Dovrebbe essere uscito ieri il quinto libro di Andrea Scanzi, dal titolo “Elogio dell’invecchiamento”.
Secondo il suo autore, come scritto anche nel sottotitolo, si tratta di un viaggio alla scoperta dei 10 migliori vini italiani (e di tutti i trucchi dei veri sommelier). Un libro che vuol essere divertente ma anche serio, un “saggio” meticoloso sulla realtà ampelografica contemporanea ma, dice l’autore, senza l’aria plumbea e barbosa dei saggi didattici…mah! Me lo segno, lo compro, lo leggo e poi vi farò sapere.

Nell’attesa leggetevi il pezzo in cui Scanzi propone un “Parlamento del vino”. Lo trovate per intero su LaStampa.it. Per intanto vi lascio alcuni pezzetti…ops! assaggi da degustare!

«Il nebbiolo è sabaudo, monarchico. Al referendum del ’46 non avrebbe votato Repubblica, e in più di sessant’anni non ha mai cambiato idea.

Il sangiovese, non me ne voglia, è democristiano. Ha sempre la maggioranza. Piace a tutti, lo trovi ovunque e il suo governo (alla Toscana) non cade mai, a conferma del vecchio detto per il quale moriremo democristiani.

Il Lambrusco è proletario, fa l’operaio da una vita, crede ancora negli scioperi e si illude che l’Emilia sia rimasta ai tempi del Novecento di Bertolucci (e che D’Alema, prima o poi, dirà qualcosa di sinistra).

Il Prosecco è leghista, danaroso, poco incline alla multirazzialità.

L’uva di Troia è il re dei mediani. E’ un altro vitigno operaio, che non ha mai smesso di lavorare in miniera e che si sente dimenticato dal Nord. Per questo, alle elezioni, non vota.

Il primitivo è mastelliano. Lo so che è forte come associazione, ma il primitivo è un vitigno facile e un po’ bagascia, ingentilito, che a seconda del luogo – e della discussione – cambia nome e schieramento: primitivo, zinfandel, plavac mali. Non so perché ma il primitivo, il merlot degli autoctoni italiani, secondo me era d’accordo con l’indulto.

Il syrah è di destra e non ha mai digerito la svolta di Fiuggi. È un vitigno nazionalista, patriottico, che vota Alleanza Nazionale in mancanza di meglio. Virile, austero. E’ un balilla cresciuto, è il cuoco di Salò.

Il Negroamaro è missino, per pura associazione semantica.

Il Picolit, malato com’è di acinellatura, di aborto spontaneo, non può che essere radicale. Sempre in minoranza, sempre pro-aborto.

Il Muller Thurgau vota Forza Italia. Nato da un esperimento di laboratorio, per mere esigenze personali (di un ricercatore, in quel caso), non è né carne né pesce. Non ha il fascino del Riesling, né la rusticità del Sylvaner.

Il Tocai Rosso è Rifondazione Comunista. Un vitigno sufficientemente elitario (cresce solo a Vicenza) per piacere a Bertinotti.

L’uva rara, lo schioppettino e il tazzelenghe sono il gruppo misto al Senato, le minoranze etniche, quelli di cui ci si ricorda solo quando va eletto il Presidente della Repubblica o salvato un governo di centrosinistra.

Il moscato è diessino, più esattamente veltroniano. Dolciastro, zuccheroso, sussiegoso. Interlocutorio, trasversale, contraddittorio. Più buonista che buono. Al primo sorso sembra piacerti, al secondo ti ha già stuccato.

La barbera ha fatto il Sessantotto e nell’invecchiare si è fatta assumere da Italia 1.

La democrazia italiana? Un novello, un beaujolais. Giovane, ineffabile, ballerina. Petillant. Senza pretese».

NB: il pezzo l’ho scritto ieri, 12 settembre, per lo Spillo, quindi l’uscita del libro dovrebbe essere stata il giorno 11.